22 maggio 2009

FINALMENTE QUALCUNO TIRA FUORI L'EMERGENZA... DEMOCRATICA!!!


Nichi Vendola, leader di Sinistra e Libertà, torna a chiedere, con una lettera personale inviata oggi a tutti i leader dei partiti d'opposizione presenti o meno nel Parlamento italiano, un vertice immediato di tutte le forze d'opposizione per coordinare un'iniziativa comune di fronte alla gravissima situazione che si è creata dopo la sentenza Mills e le ultime dichiarazioni del presidente del consiglio.
La lettera è stata inviata a Pierfedinando Casini e Lorenzo Cesa (Udc), Flavia D'Angeli (Sc), Antonio Di Pietro (Idv), Oliviero Diliberto (PdCI), Marco Ferrando (Pcl), Paolo Ferrero (Prc), Dario Franceschini (Pd), Marco Pannella (Pr), Luciana Sbarbati (Mre):


Carissime e carissimi,
vi sono molti, troppi, inquietanti segnali che indicano che il nostro Paese sta attraversando una fase particolare, e per molti versi originale, nella quale il sistema democratico che tutti noi abbiamo conosciuto e nel quale abbiamo vissuto e operato è messo a serio rischio.
Sta crescendo nel nostro Paese una vera e propria emergenza democratica rispetto alla quale tutti noi abbiamo il dovere e la necessità di reagire in modo adeguato e tempestivo.
Per questa ragione mi assumo la responsabilità di scrivervi e di proporvi un incontro a brevissimo termine per assumere assieme le iniziative adeguate, come compete ad un’opposizione parlamentare ed extraparlamentare, come è la forza politica cui appartengo, non certo per sua scelta.
Conviene evitare paragoni con il passato, sempre difficilmente proponibili, ma certamente abbiamo avuto modo, e con noi le italiane e gli italiani, di cogliere nei recenti comportamenti della maggioranza, del governo e segnatamente del Presidente del Consiglio, atteggiamenti, comportamenti, dichiarazioni e atti che entrano in collisione con le regole più elementari di una repubblica democratica e parlamentare.
Non credo sia sfuggito a nessuno il carattere ricattatorio del discorso pronunciato da Silvio Berlusconi di fronte all’assemblea di Confindustria. Un Presidente del Consiglio che controlla direttamente o indirettamente quasi l’intero sistema mediatico minaccia di rivolgersi direttamente al popolo per sovvertire gli assetti costituzionali aggirando o, peggio, ignorando con esplicito disprezzo il Parlamento.
Questo atteggiamento arrogante e, temo, non privo di venature eversive era già evidente nella vicenda apertasi con la sentenza sul caso Mills. Siamo di fronte ad un assurdo: chi è stato destinatario di un atto di corruzione viene condannato dalla Magistratura, mentre il suo eventuale corruttore è protetto da una legge vigente, contro la quale l’opposizione si è fortemente battuta, che lo sottrae a qualunque tipo di giudizio. Non compete a noi entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Così come il Presidente del Consiglio non dovrebbe abbandonarsi ad una pubblica sequela di insulti rivolti alla Magistratura giudicante in ragione di una sua presunta intenzione persecutoria motivata addirittura da una altrettanto presunta collocazione politica dei singoli magistrati.
Ma noi non possiamo assistere impassibili ad una nuova recrudescenza di dichiarazioni e atti che mirano a sottoporre la Magistratura sotto il controllo politico dell’Esecutivo, stravolgendo l’equilibrio dei poteri di uno stato democratico e la sua Costituzione.
E’ da notare come tali comportamenti costituiscano di per sé un motivo di uno scontro ora strisciante, ora esplosivo con le più alte cariche dello stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, i cui ripetuti, ponderati e preziosi interventi a tutela degli equilibri istituzionali e della nostra Costituzione sono stati disattesi e persino svillaneggiati dal Presidente del Consiglio.
La stessa vicenda della oscura relazione tra il presidente del consiglio e la famiglia Letizia non può essere confinata nella sfera del privato, il confine tra pubblico e privato essendo, come segnalano tutti i migliori studiosi delle moderne democrazie, diverso per chi ricopre cariche istituzionali e per il comune cittadino. E di fronte a denunce che partono dagli stessi famigliari del presidente del Consiglio, non credo si possa tacciare di indebita invasione nel privato la richiesta formale di pubblici chiarimenti da parte di chi un ruolo pubblico riveste.
La mia elencazione potrebbe continuare ma sarebbe superflua poiché già così la misura appare colma.
Ad un’emergenza democratica si deve rispondere con un’eccezionale sussulto democratico nel Paese e nelle istituzioni.
Non credo che il Parlamento possa limitarsi ad attendere che il Presidente del Consiglio decida, a seconda dei suoi desideri e delle sue convenienze, se presentarsi di fronte ad esso o meno. L’opposizione parlamentare è in possesso di precisi strumenti regolamentari per giungere, nel modo e nelle forme opportune, a un dibattito parlamentare la cui urgenza mi sembra ormai massima.
Per questo mi rivolgo a Voi, pur in un momento come l’attuale che ci vede in competizione nella campagna elettorale per le elezioni dei parlamento europeo e di molti consigli provinciali e comunali.
L’imminente confronto elettorale non può fare venire meno, neppure per un attimo, il nostro senso di responsabilità verso la Costituzione italiana e l’ordinamento democratico dell’Italia.
Mi auguro quindi che vogliate concordare con la necessità di un’immediata riunione di tutte le forze dell’opposizione, presenti o no nell’attuale Parlamento, per concordare e assumere tutte le iniziative unitarie, nel Parlamento italiano e in quello europeo, nelle Istituzioni locali, nella società civile per fare uscire il nostro Paese indenne dall’attuale emergenza democratica che lo investe.
In attesa di un Vostro tempestivo cenno di riscontro, Vi saluto augurando a tutti noi un presente e un futuro di democrazia e libertà.

15 maggio 2009

LO CHIAMAVANO "PACCHETTO SICUREZZA"...

di Jacopo Venier (tratto dal sito di Articolo21)

Dal pacchetto sicurezza una brutale censura su internet


L’organico disegno reazionario del Governo Berlusconi si sta dispiegando ad un ritmo impressionante. Sia sul piano istituzionale che su quello sociale assistiamo ad una accelerazione che mira a saggiare i punti di resistenza dei potenziali avversari. L’attacco al Presidente della Repubblica ed al Parlamento corrisponde all’offensiva contro il contratto nazionale di lavoro ed il diritto di sciopero. La libertà di stampa e di espressione è anch’essa nel mirino. Dall’inizio della legislatura la destra ha preso decisioni gravissime che proprio in questi giorni rischiano di divenire legge.
Il cosiddetto “decreto intercettazioni” contiene, accanto alla distruzione di uno strumento fondamentale per le indagini contro la mafia e la corruzione, anche norme liberticide che, nella sostanza, impediranno ai giornalisti di fare inchiesta e denuncia. Nel decreto non c’è solo la previsione del carcere ai giornalisti che pubblicano le intercettazioni o la proibizione assoluta di pubblicare ogni notizia sulle indagini in corso sino alla udienza preliminare (norme in contrasto sia con la Costituzione italiana che con le sentenze della Corte europea di giustizia). Questa legge contiene anche l’insidiosissima norma che prevede la responsabilità diretta degli editori su ciò che viene pubblicato. In questo modo si cancella la forma storica della libertà di stampa in Italia che prevede l’autonomia delle redazioni nei confronti della proprietà. Cancellando di fatto la figura del direttore responsabile si introduce una censura diretta da parte degli editori sulle redazioni e si induce all’ auto-censura preventiva i giornalisti.
I tagli e le modifiche nelle procedure del finanziamento alla stampa colpiranno duramente il pluralismo dell’informazione. Uno dei primi atti di questo Governo è stato infatti quello di tagliare del 50% il finanziamento alla stampa e di prendere nelle proprie mani, togliendo la competenza parlamentare, le decisioni sul flusso di queste risorse indispensabili prima di tutto per la sopravvivenza di testate scomode e quindi non sostenute dal mercato della pubblicità.
Ed infine l’articolo 60 del “pacchetto sicurezza” introduce una brutale censura su internet. Con la scusa della lotta alla pedofilia si prevede che il Ministero degli Interni potrà chiudere intere testate, blog e siti se qualche “ronda informatica” segnalerà una generica “apologia di reato” o “ incitamento alla violazione della legge”. Anche in questo caso si obbligano non le redazioni ma i provider ( e cioè le imprese che non producono ma ospitano i contenuti su internet) ad agire preventivamente perché nessuno possa pubblicare i contenuti incriminati. Per fare un esempio se la redazione di un sito (ma eventualmente anche un singolo navigatore con un post) scriverà che “bisogna bloccare la costruzione della base di Vicenza” qualcuno, magari una ronda telematica, potrà chiedere al Governo, non solo la rimozione di questa “apologia di reato”, ma l’oscuramento dell’intero sito.
In questi ultimi giorni abbiamo partecipato alle mobilitazioni promosse dalla Federazione della Stampa e, come pdcitv, abbiamo contribuito a lanciare una campagna contro la censura sulla rete ( www.laretetilibera.org ). Decine di testate on-line hanno già sottoscritto un appello comune per mettere assieme le forze ed impedire che Governo e Parlamento chiudano la bocca all’informazione libera. Chiediamo a tutti di sottoscrivere l’appello ma soprattutto rilanciare in ogni modo la consapevolezza e la mobilitazione.
La logica di fondo di tutti questi provvedimenti infatti è quella di mettere la stampa e l’informazione in generale sotto il controllo, diretto o indiretto, del Governo.
Contro questo disegno serve innanzitutto una campagna politica che renda evidente, appunto, il carattere organicamente reazionario dell’azione del Governo. Bisogna quindi al più presto uscire dalle mobilitazioni degli “addetti ai lavori” e cercare di dare una consapevolezza di massa al pericolo che corre la libertà di stampa e di espressione nel nostro paese.