28 maggio 2008

DECRETO SALVA RETE 4: INTERVENGA L'UNIONE EUROPEA

Riporto sul tema, un articolo di Giulietto Chiesa.


Il governo italiano ha reso noto un decreto legislativo di estrema gravità, in quanto completamente illegittimo rispetto alla normativa europea. Detto decreto conferma e protrae nel tempo, fino al 2012, la possibilità di Rete 4, di proprietà di Mediaset, di continuare a usare una frequenza analogica che non le spetta più da tempo. Mi riferisco, signora commissaria, alla sua risposta del 15 aprile 2008, nella quale ella ricordava che la Commissione aveva avviato nel luglio 2006 una procedura d'infrazione contro l'Italia ai sensi dell'art. 226 TCE, riferita alla disciplina italiana per il passaggio dall'analogico al digitale. Su questa stessa materia, in cui l'Italia è fuori dalla legge europea (ma in verità à fuori anche alla legge italiana perché il governo non rispetta ben due pronunciamenti della Corte Costituzionale italiana), l'attuale governo appare intenzionato a insistere nella violazione delle norme. Lo fa, per giunta, attraverso un decreto-legge, il cui scopo evidente è quello di evitare un dibattito parlamentare. Le chiedo, Signora Commissaria, cosa intende fare lei, a nome della Commissione Europea, per impedire che il regime transitorio a favore di reti esistenti, già illegalmente procrastinato più volte, in evidente regime di conflitto d'interessi, non sia ulteriormente riconfermato. Le sottolineo, Signora Commissaria, che si tratta qui, in primo luogo, di materia che attiene alle libertà dei cittadini, come quella di poter ricevere un'informazione pluralista. Siamo in presenza di uno stato dell'Unione che viola norme fondamentali dell'Unione stessa. Compito primario dell'Unione è assicurare che il diritto comunitario venga applicato dai suoi membri senza eccezioni o deroghe.



Ricordo poi che oggi alle ore 21:00 in Fornace Carotta, avverrà un incontro con Marco Travaglio
organizzato da Cittadiniattivi.
Per info: www.citadiniattivi.it

20 maggio 2008

UNA GIORNATA DA RICORDARE

Il giorno 15 maggio, meglio tardi che mai, laboratorio '48 ha organizzato un incontro presso la scuola media "Ruzante" tra i ragazzi del terzo anno e l'on. Emilio Pegoraro, impegnato in prima persona nella guerra di resistenza partigiana contro il nazifascismo.Possiamo dirci davvero soddisfatti dell'iniziativa, soprattutto per il calore che ha accolto il nostro ospite, anziano si, ma con una memoria ancora talmente fresca da suscitare in due ore di intervento un sincero entusiasmo tra le professoresse e i ragazzi, emozioni forti e curiosità generale.Abbiamo ritenuto doveroso organizzare questo incontro per portare a tutti questi ragazzi di terza media un messaggio chiaro e preciso: l'Italia e la sua coscienza democratica è risorta per mano della lotta partigiana che ha avuto inoltre il merito di unire una nazione, devastata dalla guerra, superando qualsiasi distinzione politica. Unità nazionale insolita per i giorni nostri, figurarsi in quegli anni.Ricordare la Resistenza significa, indirettamente, ricordare la nascita di una Costituzione che non è altro che il frutto, di questa ritrovata unità nazionale.E' anche per questo motivo che il nostro ospite si è presentato all'appuntamento con una pila di libricini (stampati dalle tre maggiori associazioni partigiane di Padova) contenenti la Carta Costituzionale, da distribuire ai ragazzi. Un gesto allo stesso tempo nobile e di una utilità lodevole.Questo incontro ha poi come ultima motivazione, cercare di riportare i ragazzi alla verità dopo anni di incessante revisionismo storico che comincia a fare vedere le sue pericolose e indegne conseguenze nel nostro paese(i fatti di Verona non possono non essere citati come un palese esempio). I ringraziamenti sono d'obbligo e sono rivolti chiaramente all'on. Emilio Pegoraro, a Tito Zullian dell'ANPI, alle professoresse ed alla preside della scula media "Ruzante" e infine a questi ragazzi, che hanno dimostrato una maturità ed un interesse che ultimamente sembrava svanito.

19 maggio 2008

COME FUNZIONA LA CHAT

Ho notato un certo imbarazzo nell'utilizzo della LAB CHAT. C'è una sorte di disorientameto in quanto a comprensione dei meccanismi operativi. Ecco una breve guida.
Allora, appena entrate nel nostro sito, entrate automaticamente nella chat in basso a destra;
la chat assegna automaticamente un nome di default per ogni utente connesso;
per farvi riconoscere agli altri utenti con un vostro nik personale basta clikkare sull'icona di default assegnatavi appena entrati nel sito, e qui modificare i vostri settaggi mettendo il vostro nik ecc ecc.
Buone Conversazioni

15 maggio 2008

STATO - MEDIASET: COPIA E INCOLLA

di Marco Travaglio (l'Unità, 6 maggio 2008)


Oggi il Consiglio di Stato, dopo nove anni di battaglie legali in Italia e in Europa, decide di quanto lo Stato debba risarcire Europa7 per la mancata assegnazione delle frequenze e se consentirle finalmente di trasmettere su scala nazionale. Nella causa il governo è rappresentato dall'Avvocatura dello Stato. La quale sorprendentemente è stata incaricata dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni di respingere le richieste dell'editore Francesco Di Stefano e di difendere lo status quo: cioè la legge Gasparri e il diritto di Rete4 a occupare le frequenze anche senza concessione (perduta da Mediaset e vinta da Europa7 nel 1999). Un fatto già abbastanza singolare: l'Unione aveva promesso di abrogare la Gasparri e il 31 gennaio la Corte Europea di Giustizia ha sostenuto i diritti di Europa7 contro quelli di Rete4. Ma non basta.Per difendere Rete4, l'Avvocatura dello Stato che rappresenta il governo Prodi copia, nella sua memoria, intere pagine da quella degli avvocati Mediaset. Non per citare le loro tesi tra virgolette. Ma per farle proprie, senza nemmeno precisare da dove sono tratte. Il gruppo Berlusconi ufficialmente non è parte in causa: Europa7, per la mancata assegnazione delle frequenze, ha citato lo Stato tramite il ministero delle Comunicazioni e l'Autorità garante delle Comunicazioni. Ma Mediaset è intervenuta ugualmente con una memoria, ben sapendo che, se fossero assegnate le frequenze a Europa7, a perderle sarebbe Rete4. E l'avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo che fa? Il copia-incolla dalla memoria Mediaset, senza nemmeno tentar di camuffare quest'autentica privatizzazione delle istituzioni al servizio del Biscione. Il tutto, ancor prima che Berlusconi torni al governo per la terza volta.Leggere e confrontare la memoria dell'Avvocatura dello Stato (55 pagine) e quella di Mediaset (78), pubblicate integralmente su http://www.voglioscendere.it/, è un tragicomico gioco di società: "Trova le differenze". La più evidente è che lo Stato difende Rete4 addirittura con più passione di Mediaset. Per il resto, pagine e pagine trapiantate pari pari dagli atti dell'azienda berlusconiana. Qualche esempio. Pagina 9 dell'Avvocatura: dieci righe (da 7 a 17) copiate da pagina 49 della memoria Mediaset (righe 1-15). Le pagine 5 (da riga 20) e 6 (fino a riga 18) dell'Avvocatura sono identiche alle pagine 60 (da riga 3), 61 (tutta) e 62 (fino a riga 11) di Mediaset. Le pag. 17 (da riga 7) e 18 (fino a riga 13) dell'Avvocatura sono uguali alle pag. 60 (da riga 3), 61 (tutta) e 62 (fino a riga 22) di Mediaset. La pag. 35 (righe 4-23) dell'Avvocatura è plagiata dalle pag. 39 (da riga 9) e 40 (fino a riga 5) di Mediaset. A pag. 35 (righe 27-31) dell'Avvocatura, stesse parole di pag. 47 (righe 17-22) di Mediaset. E così via. Una volta manca un "quindi". Un'altra c'è "In proposito" al posto di "In primo luogo". Tutto il resto, compresa la punteggiatura sbagliata (molte virgole tra il soggetto e il verbo), è identico. Idem per le conclusioni, con esiti talvolta comici. Per l'Avvocato dello Stato, se Europa7 non ha avuto le frequenze, è colpa sua: avrebbe dovuto "acquisirle anche di sua iniziativa" (e dove? e come? armi in pugno?), visto che lo Stato "non aveva l'attuale disponibilità dell'oggetto" (per forza: ha consentito che lo conservassero Telepiù nero e Rete4, prive ormai di concessione). E comunque - aggiunge Di Carlo - disapplicare la Maccanico e la Gasparri spegnendo Rete4 sul terrestre non comporterebbe il trasferimento automatico delle frequenze a Europa7 (e a chi,di grazia?).Insomma, lo Stato ignora la recente sentenza della Corte europea di Lussemburgo, sollecitata dallo stesso Consiglio di Stato, secondo la quale le normative comunitarie "ostano a una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell'impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati". Dunque basta con il "regime transitorio istituito a favore delle reti esistenti" a scapito di Europa7, previsto dalla Meccanico, dalla Salva-Rete4, dalla Gasparri e dal ddl Gentiloni (mai divenuto legge). Tutte leggi che andrebbero disapplicate. Non solo: "la libera prestazione di servizi" tutelata dalle norme comunitarie - scrive la Corte europea - "esige non solo la concessione di autorizzazioni alla trasmissione, ma altresì l'assegnazione di frequenze", se no "un operatore non può esercitare i diritti conferitigli dal diritto comunitario per l'accesso al mercato televisivo".Sentenza alla mano, gli avvocati Grandinetti e Pace che seguono Europa7 chiedono al Consiglio di Stato le frequenze e i danni subiti. Il "danno emergente", cioè i soldi fin qui spesi per gl'investimenti richiesti dalla legge a chiunque vinca una concessione (oltre 120 milioni di euro). E il "lucro cessante", cioè i mancati utili della tv mai nata (oltre 2 miliardi di euro). Semprechè il Consiglio condanni lo Stato ad assegnarle finalmente le frequenze. Altrimenti Europa7 morirebbe per sempre e Di Stefano avrebbe diritto al valore dell'intera azienda. Il governo dell'Unione, tramite l'Avvocatura, parla in playback: testi e musiche di Mediaset. Niente risarcimento. Niente frequenze. Viva la Gasparri. Rete4 sine die. Tutto come prima, come sempre. Berlusconi non avrebbe saputo fare di meglio.

13 maggio 2008

...MA NON ESISTE SOLO GOOGLE

Riporto articolo di FRANCESCO OGGIANO da la Repubblica, che tratta un tema fondamentale ovvero l'accesso ad una informazione plurale in internet.
Provo un espediente di marketing per aumentare l'attrattività della notizia, in modo da coinvolgere anche il pubblico cosiddetto non sensibile.

GLI AZIONISTI, alla fine, hanno obbedito alla dirigenza. Giovedì scorso, all'annuale assemblea di Google, il consiglio di amministrazione è stato rieletto in blocco e le due proposte in favore di una lotta alla censura da parte dell'azienda sono state respinte quasi all'unanimità. Gli azionisti del colosso americano delle ricerche su internet hanno seguito le indicazioni della direzione, che suggeriva di votare contro le due proposte scomode avanzate da singoli membri dell'azionariato. La prima chiedeva l'introduzione di norme per impedire la collaborazione attiva con la censura attraverso il filtraggio dei risultati delle ricerche; la seconda la creazione di una Commissione per i diritti umani, con l'obiettivo dichiarato di combattere legalmente le pressioni esercitate dalle autorità locali dei Paesi in cui opera Google, con riferimento particolare alla Cina.

Nel corso della votazione, però, l'elemento rilevante è stata l'astensione di Sergey Brin, il co-fondatore assieme a Larry Page del colosso di Mountain View. "Condivido lo spirito della proposta - ha precisato Brin - ma non la forma in cui è stata scritta". Proprio lui, genietto nato in Russia ma naturalizzato americano, che ammise che Google, collaborando attivamente con le autorità censorie, aveva tradito i suoi valori etici e aziendali, ora si astiene dal voto e tenta di difendere la linea aziendale. Google, secondo Brin, sta già contribuendo alla trasparenza dell'informazione in Cina, permettendo l'accesso universale all'informazione. L'approvazione di una simile proposta, secondo i dirigenti, comporterebbe solo la chiusura totale della versione cinese di Google.

È stata la stessa Amnesty International, l'organizzazione mondiale per il rispetto dei diritti umani, a presentare per bocca del suo dirigente Tony Cruz la proposta avanzata dal Comptroller, un fondo pensione di New York, che chiedeva di smettere di filtrare le ricerche. "Sappiamo che non passerà - dichiara Amy O'Meara, responsabile di Amnesty - e tuttavia questa può essere una buona occasione per far ascoltare le nostre denunce e per condizionare pesantemente la dirigence di Google perché adotti provvedimenti drastici in favore dei diritti umani".

La seconda proposta, quella che voleva la creazione di un Comitato per i diritti umani, è invece opera dell'Harrington Investments, un gruppo di investitori californiani non nuovo a queste iniziative. Jack Ucciferri, portavoce del gruppo, va giù pesante: "Constatiamo ancora una volta come le compagnie tecnologiche abbiano una vaga idea delle politiche per i diritti umani. E come continuino a violare frequentemente questi diritti".

Ma Brin ha la risposta pronta anche per loro. Evidenzia come il CdA dell'azienda stia lavorando con i governi autoritari, per convincerli degli effetti negativi delle limitazioni delle libertà fondamentali. Sottolinea le innovazioni anti-censura appena messe a punto da Google, come l'avviso agli utenti che appare quando il risultato di un'interrogazione è filtrata. Un metodo che è stato poi ripreso da Baidu, il principale motore di ricerca cinese.

Per ora, i 150 milioni di navigatori cinesi dovranno accontentarsi di un'informazione parziale. Il Grande Firewall, o la Grande Muraglia, come è stata soprannominata, continua a filtrare concetti come democrazia, libertà di stampa, diritti e pluralismo. I 30mila tecnici al servizio del governo continuano il loro lavoro quotidiano. Assistiti da raffinatissimi software che permettono di rintracciare, filtrare, cancellare, modificare o bloccare informazioni ritenute "sensibili", come la strage di piazza Tiananmen o l'invasione del Tibet, un attimo prima che raggiungano gli schermi dei computer dei cittadini. E c'è chi, come Google, gli dà una mano.

(13 maggio 2008)

12 maggio 2008

BASTA



Colgo al volo l'assist servitomi dal commento di Tommy nel precedente post, e cerco di sforbiciare in rete scrivendo qualche riga.
La vicenda Travaglio - Schifani ha smosso il solito putiferio politico di massa, con critiche trasversali che sono piovute addosso sia al giornalista che alla trasmissione.
Si può discutere fino alla nausea sull'irriverenza di Travaglio, sul suo presunto "cavalcare l'onda etico - giustizialista", sulla diffamazione, ecc ecc. La Costituzione parla chiaro, pone dei limiti al diritto di cronaca; esiste poi una legislazione in materia e quindi sarà in base a questa che le critiche sopraccitate torveranno ragione o torto nei dibattiti politici e non politici.
Il fatto che invece mi rode e che mi suscita proprio dell' astio è che guardanto certi telegiornali, studio aperto tanto per non citare nessuno, non riesco a comprendere perchè lo sdegno politico non sia il medesimo della vicenda Travaglio Schifani.
La sequenza in esame è questa: bimba quasi rapita a Napoli da una 16/17enne ROM, salvata dall'intervento del padre e del vicinato che recuperano la bimba e quasi linciano la ROM a sua volta salvata dall'intervento dei carabinieri,chiusura del servizio con la madre della piccola bimba napoletana che dice "Ognuno a casa sua, i loro porblemi se li risolvano da soli"; notizia successiva: pestaggio del giovane di Verona, pestato da dei coetanei perche non aveva offerto uno spinello (fino all'altro ieri era una sigaretta) si cerca un uomo adulto che li avrebbe aiutati nella fuga. Nessuna parola sul fatto che fossero ITALIANI NEO-NAZISTI.
Perchè bisogna rompere le scatole a Travaglio, quando i telegiornali mandano in onda frasi prese dalla disperazione delle persone che hanno un effetto sulla popolazione assai maggiore??

08 maggio 2008

UN UOMO SOLO AL COMANDO

Riporto da Repubblica.it, un articolo di Massimo Giannini.

ROMA - Un governo proprietario, ma "a responsabilità limitata". Il quarto esecutivo di Silvio Berlusconi, che ieri ha ricevuto l'incarico dal capo dello Stato, è un governo forte, perché il "padrone" conta. E insieme anche leggero, perché i "soci" partecipano ma non non pesano. Stavolta il Cavaliere non ci ha stupito con effetti speciali. Non ha neanche provato a mettere insieme un "dream team". Non ci sono i Lamberto Dini prelevati dalla Banca d'Italia (come nel 1994) o i Renato Ruggiero precettati dal Wto (come nel 2001). La squadra che oggi giurerà nelle mani del presidente della Repubblica è tagliata a misura della biografia personale del premier, che dopo quindici anni di leaderismo avventuroso ma fatalmente bellicoso, coincide ormai a tutti gli effetti con la biografia della nazione. Non ci sono sorprese nella gerarchia dei ministri né invenzioni nella distribuzione degli incarichi. Non ci sono grandi personalità della politica né brillanti innesti dalla società civile. C'è un uomo solo al comando. E questo basta. Come un altro Cavaliere, lo Jedi difensore della pace della Repubblica Galattica nelle Guerre stellari di George Lucas, Berlusconi ha capito qual è il "lato oscuro della forza". Per il suo governo, stavolta, la forza non risiede nell'autorevolezza, ma nell'affidabilità. Non risiede nel prestigio, ma nella compattezza. Lo Jedi di Arcore, evidentemente, ha capito la lezione della legislatura che finì nel 2006: schierò in campo i leader dei partiti dell'allora Cdl e finì per logorarsi in un negoziato permanente, ricco di conflitti e povero di riforme. E ha capito la tensione della legislatura che sta per cominciare: a dispetto della luna di miele post-elettorale, avrà qualche difficoltà a smerciare prebende sociali e sgravi fiscali con un ciclo economico a crescita zero. Se dovrà inevitabilmente gestire un problema di consenso reale dentro il Paese, stavolta preferisce evitare qualunque dissenso potenziale dentro il governo.
Se si guarda alla geografia politica, la lista dei ministri riflette fedelmente la nuova mappa post-elettorale, che premia il Pdl ma non esclude del tutto le vecchie logiche spartitorie deflagrate nelle complesse trattative di questi giorni. C'è tanta Forza Italia (12 dicasteri su 21), partito personale ma sempre più nazionale. C'è molta Lega Nord (i 4 dicasteri previsti) e in particolare molta rappresentanza trasversale del mitico Nord-Est. C'è un po' di "Lega Sud" (i 2 ministri siciliani Alfano e Prestigiacomo, il napoletano Vito e il pugliese Fitto). C'è altrettanta Alleanza nazionale (che ottiene le 4 poltrone richieste, anche se una di queste non contempla l'ambito "portafoglio"). Ci sono meno donne del previsto, solo 4, anche se con due curiosi esordi, Gelmini e Meloni. E c'è anche uno strapuntino offerto in premio alla fedeltà post-democristiana, con l'attuazione del programma affidata a Rotondi. Insomma, c'è la fotografia puntuale di quella nuova "destra corporata" (come l'ha efficacemente definita Edmondo Berselli) che ha stravinto il 13 aprile e che, sia pure con sfumature e accenti diversi, si riconosce nel suo leader, indiscusso e incontrastato, federatore di tutti i suoi simboli e conciliatore di tutte le sue identità. Se si guarda all'alchimia politica, non si può non notare che i fedelissimi del capo, e non per caso, coprono tutti i ruoli-chiave. O per provata e riconosciuta competenza, come nel caso di Giulio Tremonti all'economia. O paradossalmente per il suo esatto contrario, come nel caso di Angelino Alfano alla Giustizia. Nel confronto delicato con i contribuenti, come nello scontro avvelenato con i magistrati, non c'è spazio per personalità autonome, o esterne all'inner circle del Cavaliere. Anche a costo di scelte francamente fiacche e discutibili, com'è appunto quella di Alfano. Probabilmente non sa niente di Csm e di snellimento del processo civile, anche se evidentemente deve sapere molto delle urgenze processuali del suo "principale". Ma allo stesso tempo, non si può non notare che i ministeri cruciali sui quali si giocherà la legislatura, le Riforme e gli Interni, sono in mano al Carroccio. Umberto Bossi avrà le leve della nuova legge elettorale (probabilmente imposta dal referendum voluto dal popolo sovrano) e del nuovo federalismo fiscale (sicuramente preteso dal popolo padano). Roberto Maroni avrà in mano le leve della sicurezza e dell'immigrazione, i due nervi più sensibili per i cittadini-elettori, sui quali si è giocato l'esito della partita elettorale appena conclusa. Questa impronta leghista, al di là della natura presidenzialista e quasi "cesarista" di questo governo, è destinata a influire non poco, sui possibili esiti della legislatura e sui futuri equilibri della maggioranza. Ma il potere è il miglior cemento per un centrodestra che ha vinto con 11 punti di vantaggio sul centrosinistra. E la sensazione, nonostante i potenziali conflitti che pure ci saranno a Palazzo Chigi e fuori, è che stavolta l'uomo di Arcore, solo al comando, vorrà davvero provare ad incarnare un'era di "bipolarismo morbido", inedita per il Paese, e di "populismo mite", inconsueta per il leader. E il governo che da oggi comincerà la sua navigazione rispecchierà queste intenzioni. Oscillerà tra surplace e fine tuning. Qualche strappetto riformatore qua e là (soprattutto sul federalismo e sulla Pubblica amministrazione) e per il resto un po' di benevola "manutenzione" (soprattutto sui conti pubblici e sulle tasse). È ancora presto per dire se sarà davvero una legislatura costituente (anche se le premesse, e le promesse, ci sarebbero tutte). Ma una cosa è sicura. Berlusconi non si metterà in guerra con nessuno. Né con l'opposizione, né meno che mai con il Paese. È una metamorfosi funzionale ai suoi corsi anagrafici e ai soprattutto ai suoi percorsi politici. Ha 72 anni. Vuole passare alla storia, da statista repubblicano. E punta dritto al Quirinale, la sua "magnifica ossessione". Questo governo, così piatto eppure resistente, per l'Italia può anche non servire granché. Ma per il Cavaliere sembra proprio un perfetto trampolino di lancio, costruito proprio con quell'unico scopo: il grande salto verso il Colle. Visti i dolorosi tormenti del Pd, stavolta non si vede chi possa fermarlo. (8 maggio 2008)

01 maggio 2008

BUON 1 MAGGIO A TUTTI!!


Il Quarto Stato è un celebre dipinto realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901.
Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori ed è stata eseguita secondo la tecnica divisionista. Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce, lasciandosi un tramonto alle spalle. Il dipinto è lo sviluppo completo di questo tema, già affrontato dall'artista in dipinti come Ambasciatori della fame, Fiumana e un bozzetto preparatorio del 1898, Il cammino dei lavoratori. La composizione del dipinto è bilanciata nelle forme e movimentata nelle luci, rendendo perfettamente l'idea di una massa in movimento.
È conservato a Milano nel Museo dell'Ottocento della Villa Reale (o Villa Belgiojoso Bonaparte). .