23 ottobre 2007

RULLANO I TAMBURI DI GUERRA di Giulietto Chiesa

Stanno accadendo cose strane. Il presidente americano dice che siamo sull'orlo della terza guerra mondiale. Quello russo replica annunciando di avere un programma di riarmo nucleare e strategico senza precedenti, e che lo realizzerà entro il 2015. Il primo dei due è in grado di realizzare la minaccia. Il secondo, adesso, anche.
Sul fatto che il primo sia capace di fare quello che annuncia non dovrebbero esserci dubbi. Ha scatenato la guerra in Irak dopo avere inventato, letteralmente inventato, una decina di argomenti, tutti falsi. E ha ammazzato almeno 600 mila iracheni, oltre che quasi quattromila soldati americani.
Sul fatto che il secondo sia in grado di mantenere la parola, anche, non dovrebbero esserci dubbi. I denari adesso li ha. Siamo noi a darglieli perché gli compriamo gas, petrolio e ogni altra materia prima essenziale. E il bello è che non abbiamo scelta, perché lui le materie prime le ha, e noi non le abbiamo. E non abbiamo neanche le energie alternative rinnovabili, perché siamo stati stupidi e imprevidenti, e continuiamo a esserlo.
E, intanto il prezzo del petrolio è salito a 88 dollari al barile, e continuerà a crescere, per le ragioni suddette. Dunque Vladimir Putin – che resterà al potere, come ci ha detto almeno i prossimi cinque anni, cioè fino al 2012, cioè ancora molto vicino a quel 2015 di cui sopra – potrà fare quello che promette.
Nel frattempo il dollaro scende in rapida picchiata e la crisi degli Stati Uniti si accentua a tal punto che i banchieri centrali europei cominciano a chiedersi se gli convenga continuare a sostenere l'indebitamento americano. Hanno fatto i conti: la Banca Centrale Europea ha sganciato oltre 120 miliardi di dollari (prendendoli dalle nostre tasche) per coprire i buchi delle speculazioni immobiliari americane e per quelli dei fondi d'investimento europei che hanno investito in quelle speculazioni truffaldine.
C'entra tutto questo con il rullare, sempre più assordante, dei tamburi di guerra?
C'entra, e molto da vicino. Perché gli Stati Uniti hanno un mezzo molto semplice e sbrigativo per impedirci di fare i conti nelle loro tasche: fare la guerra e rimescolare tutte le carte.
Direte. Ma è una follia!
E io sono d'accordo. M questo non cambia i dati del problema. L'Iran non ha la bomba atomica e non l'avrà nei prossimi dieci anni. Non ha i missili strategici intercontinentali e non li avrà nei prossimi dieci anni. Se lo si vuole annientare adesso, subito, è perché Washington non ha tempo di aspettare. L'Iran di Ahmadinejad è la dantesca donna dello schermo. La prova regina è il nuovo scudo stellare che Bush ha deciso di installare in Europa (senza nemmeno consultare gli europei e perfino la Nato), mettendosi d'accordo direttamente con Varsavia e Praga. Ufficialmente per difendere l'America e l'Europa dai missili inesistenti di Teheran. In sostanza per aprire un fronte nuovo di tensione con la Russia e per mettere ancor più l'Europa contro la Russia.
Putin l'ha capito. Anche Hu Jintao l'ha capito. Entrambi si armano perché sanno che dopo toccherà a loro.

18 ottobre 2007

Cuffaro in galera per otto anni? Solidarietà, solidarietà, solidarietà

A proposito della recente richiesta di otto anni di reclusione per il presidente della regione Sicilia Salvatore Cuffaro...
Pubblichiamo un articolo tratto dal Blog di Benny Calasanzio.. Come si potrà vedere la decenza è una qualità che manca alla nostra attuale classe dirigente.

Prendete carta e penna e scrivete:
“Confermo con forza la mia solidarieta' al Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro. La stima che nutro nella sua intelligenza mi fa escludere in maniera assoluta che egli possa essere coinvolto in quelle vicende in cui si pretende di coinvolgerlo” Silvio Berlusconi, presidente Forza Italia
“Ho avuto una lunga e affettuosa telefonata con Cuffaro durante la quale gli ho rinnovato fiducia, stima e affetto” Pier Ferdinando Casini, presidente Udc
Questa solo per intenditori siciliani: "In questo momento di difficoltà, sento di dover dare tutta la mia solidarietà al Governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro. Ferma restando la fiducia nella magistratura, non posso non far notare come Cuffaro, con la sua attività quotidiana, abbia sempre combattuto concretamente la mafia, dimostrando in questo modo la sua evidente estraneità a ogni coinvolgimento. La storia e i suoi comportamenti esemplari nell'esercizio delle sue funzioni parlano molto più di qualche assurda accusa" Giuseppe Ruvolo, senatore Udc
Berlusconi, dall'alto della decina di processi subiti, molti dei quali prescritti, si improvvisa esperto di diritto penale e luminare di procedimenti giudiziari, manda a fan... anni di indagini ed intercettazioni e afferma che Cuffaro è innocente, al di la di tutto. Andrebbe analizzato. Vizziniiiiiiiiiiii dove sei??? Questo è il tuo presidente! Ma queste cazzate da Berlusconi se le aspettano tutti. Alla fine è pura solidarietà tra indagati.
Casini, dopo essersi liquefatto la mano mettendola sul fuoco riguardo l'innocenza di Cuffaro, stavolta ci mette anche la protesi nuova di zecca. Casini è il presidente dell'Udc, e stavolta non faccio distinzioni: a meno di dissociazioni e smentite personali, tutto il partito e tutti gli elettori dei nuovi democristiani sono complici di quelle dichiarazioni e le condividono.
E Ruvolo? Chi è Giuseppe Ruvolo? E' un senatore dell'Udc, originario di Ribera, che anch'egli parla per solidarietà tra indagati: ne ha uno in famiglia, il fratello gemello Antonino Ruvolo, dipendente del Banco di Sicilia responsabile dell'area territoriale di Trapani, indagato assieme all'anima pia Mannino per sofisticazione vinicola. E Ruvolo è sempre quello che, essendo membro della Commissione Antimafia, si dimentica di far notare di essere vice-presidente della provincia (quella di Ag) sotto indagine, di cui si stava discutendo. Stava in silenzio, magari carpiva qualcosa. Il presidente Roberto Centaro, sostenne che la presenza di Ruvolo fu un fatto gravissimo, e aggiunse che Ruvolo era tenuto a mantenere segreto il contenuto delle audizioni.
Diciamo pure che personalmente, in questo caso e in quelli simili, me ne frego sia del primo, che del secondo, che del terzo grado di giudizio. Perchè una sentenza di assoluzione, anche se confermata dai tre gradi di giudizio, non cambierebbe una virgola ai fatti già emersi. E a quelli che dicono che fino al terzo grado si è innocenti, chiedo di ricordarsi di Paolo Borsellino non solo quando egli diceva belle frasi sul profumo della libertà, ma anche quando diceva che in questi casi la sentenza è la parte più effimera di un processo. Perchè dai fatti emersi che fanno anche solo pensare ad una vicinanza mafiosa, le istituzioni, i partiti e gli altri organi che dovrebbero garantire condotta esemplare dovrebbero prendere immediati provvedimenti cautelativi, e non fidarsi ciecamente e squallidamente di un personaggio che si accordava anche sulle tariffe sanitarie con un mafioso. Vorrei ricordare a tal proposito che oggi, dopo l'arresto di Aiello, le tariffe di Villa Santa Teresa (diagnostica per immagini e radioterapia) sono state ridotte di oltre il 70%, e che quelle tariffe gonfiate erano concordate con il presidente della regione. Certe cose bisognerebbe ricordarle prima di aspettare sentenze per prendere a calci nel sedere dai partiti e dalle istituzioni uomini come Cuffaro.
Personalmente non ho idea di quanti anni di carcere possa comminare il giudice a Cuffaro. E comunque, ripeto, non mi interessa. Perchè in ogni caso, se qualche mese di carcere lo farà, quando ciò accadrà forse io avrò già dei figli. Se Cuffaro è così in buona fede come dice, si dimetta, si sospenda, se ne vada in vacanza almeno fino al primo grado, se vogliamo dargli una scadenza molto generosa. Ma se la magistratura riuscirà nell'ardua impresa di dimostrare giudiziariamente la sua colpevolezza (ripeto, condizione non necessaria) e se in quel caso Cuffaro non si dimettesse, allora si passerà ad altro. Manifestazioni, sit-in, occupazioni affinchè capisca che l'innocenza, l'integrità morale è ben altra cosa. Perchè, tornando ad uno ricordato solo quando fa comodo, "il puzzo del compromesso morale" c'è già.

12 ottobre 2007

I PARTITI SONO DIVENTATI MACCHINE DI POTERE



Questo post non è altro che un pezzo di intervista che Eugenio Scalfari fece nel luglio 1981 all’allora segretario del P.C.I. Enrico Berlinguer.
Leggendo quest’intervista ci si rende conto dell’attualità dell’argomento e si riesce a ripercorrere un po’ la storia di quel fenomeno che molti analisti politici di oggi chiamano col nome di “partitocrazia”.

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer. «I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».
La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...
Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.
Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?
Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

09 ottobre 2007

MINISTRO DI GRAZIA....E DI GIUSTIZIA?!

Ultimamente sembra esser diventata una moda, il parlare con toni polemici della “casta” e dei suoi politici, ma quando l’argomento della discussione è il chiaccheratissimo Ministro di Grazia e Giustizia, questo “parlare” non è mai banale, tantomeno inopportuno.
Mentre sui media nazionali impazza la notizia di questa o quella tragedia coniugale (perché non creare una rubrica apposita nei TG denominandola magari “la strage del giorno”) ci sono notizie che passano troppo velocemente, se passano. Così si è costretti a visitare il blog di Grillo (un comico!) per saperne di più , o aspettare il giovedì sera per avere l’unico approfondimento giornalistico serio, quello di Santoro, per farsi un’idea propria.
In questo clima passa inosservata pure la richiesta al CSM di trasferimento del PM di Catanzaro De Magistris, per cause ancora avvolte dal mistero per milioni di italiani, ben più chiare per il Ministro Mastella. In attesa che il CSM si pronunci a riguardo, il magistrato coraggioso, come è stato definito da qualche, altrettanto coraggioso giornalista, ha ricevuto il sostegno del ministro delle Infrastutture e pm Antonio Di Pietro, ma anche di circa 35.000 persone che hanno firmato una petizione a suo sostegno.
De Magistris, per dover di cronaca, sta accertando se esistano ed eventualmente quali siano i rapporti fra il Guardasigilli e alcune persone da lui indagate nell'operazione"Why Not".Questo provvedimento ha tutta l’aria di essere un tentativo di bloccare due indagini importanti con le quali si cerca di fare luce sul sistema di malaffare che coinvolge politici, imprenditori e magistrati in Basilicata e Calabria.
Che senso avrebbe altrimenti tutta questa fretta nello spostare lo scomodo magistrato? Non ci sono necessità più urgenti nel sistema giudiziario italiano come ad esempio coprire, dopo mesi di attesa, le procure di Caltanissetta e di Catania, considerata l'importanza delle stesse nella lotta alla mafia. Per non parlare poi della paralisi disastrosa che l'entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario provocherà?Passeranno molti mesi prima che il CSM possa procedere a nuove nomine lasciando così gli uffici scoperti.
D’altronde si sa Mastella coi suoi scheletri nell’armadio (era lui il testimone di nozze del mafioso Campanella, braccio destro del boss di Villabate, Nino Mandalà , nominato poi, sempre da Mastella, segretario nazionale dei giovani dell'UDEUR); con le sue manie (recuperare nel suo partito inquisiti, condannati, scarti di Forza Italia e persino dell'Udc) ed i suoi capricci (sistemare nell’amministrazione pubblica moglie amici e parenti; per non parlare poi del recente volo di stato ad uso privato per l’ultimo GP di Monza).
Rovinato dopo pochi mesi l’immagine dell’esecutivo con il decreto sull’indulto- inciucio salva Previti, Fiorani, Ricucci… cos’altro devono subire gli Italiani? Aspettiamo ansiosi le prossime gesta del ceppalonico Ministro.

08 ottobre 2007

HASTA SIEMPRE COMANDANTE! Quarant’anni fa moriva Ernesto Che Guevara




"Siete capaci di sentire nel profondo di voi stessi qualsiasi


ingiustizia commessa contro qualsiasi persona in qualsiasi parte del mondo.E' la qualità piu importante per un rivoluzionario"











Otto ottobre 1967 ore 13.10 a La Higuera, all’interno della scuola, Ernesto Che Guevara veniva assassinato dalle forze armate boliviane, appoggiate da agenti della Cia. Il comandante, ferito alle gambe e catturato il giorno prima nella selva, venne giustiziato a sangue freddo da Mario Tèran, su ordine del dittatore Barrientos, con una carbina M12 di fabbricazione italiana.

Nato nel 1928 da una famiglia della buona borghesia di Rosario, in Argentina, si laureò in medicina all'Università di Buenos Aires nel 1953; poco dopo partì in moto con l'amico Alberto Granado per un leggendario viaggio attraverso l'America latina in seguito al quale egli avrebbe maturato la sua presa di coscienza sociale e politica, come risulta dai diari che tenne in quell'occasione.
Nel 1954 Guevara collaborò in Guatemala con il presidente Jacob Arbenz, sostenendone la riforma agraria; dopo la caduta di questi, convinto che solo una rivoluzione armata avrebbe potuto abbattere le disuguaglianze sociali del continente sudamericano, lasciò l'Argentina, all'epoca governata da Perón, e si trasferì a Città di Messico dove conobbe Fidel Castro, aderendo al movimento dei rivoluzionari cubani in esilio. Egli rivestì un ruolo importante nella Rivoluzione cubana (1953-1959) che rovesciò il regime di Fulgencio Batista, partecipando allo sbarco clandestino nell'isola nel novembre del 1956 e alla guerriglia contro l'esercito del dittatore cubano.
Divenuto Castro primo ministro nel febbraio del 1959, Guevara venne nominato da questi presidente della Banca nazionale cubana e ministro dell'Industria (1961-1965): in tale veste guidò la riorganizzazione del sistema economico dell'isola secondo i canoni del comunismo marxista. Avversario della politica statunitense di interventismo nei paesi in via di sviluppo, da lui definita imperialista, "il Che" fu all'origine dell'evoluzione a sinistra del regime castrista e dello spostamento delle relazioni economiche di Cuba dagli Stati Uniti, finora interlocutori privilegiati, al Blocco orientale.
Guevara abbandonò l'incarico di governo nel 1965. In una lunga lettera a Fidel Castro spiegò i motivi che lo spingevano a lasciare l'isola per dedicarsi all'organizzazione della rivoluzione negli altri paesi dell'America latina: l'esperienza maturata a Cuba gli aveva permesso di perfezionare una lotta armata basata sulla guerriglia organizzata, condotta da piccoli gruppi addestrati. Egli predicava la necessità, per contrapporsi all'imperialismo, che si accendessero numerosi focolai di guerriglia e che si costituisse un legame di solidarietà tra i paesi del Terzo Mondo. Mosso dall'impulso di mettere alla prova le sue teorie, tra la fine del 1965 e la primavera del 1966 raggiunse il Congo con un gruppo di armati per unirsi al movimento contro il regime di Mobutu, ma da questa esperienza uscì sconfitto.
Dopo un anno vissuto in clandestinità, il "comandante Che Guevara" nel 1967 volle ritentare l'esperienza tra le montagne della Bolivia unendosi alla rivolta dei contadini e dei minatori contro il regime militare di René Barrientos. Rimasto isolato, privo dell'appoggio della stessa popolazione per la quale lottava, fu catturato dall'esercito boliviano e venne ucciso il 9 ottobre 1967. Il corpo venne mostrato alla stampa, poi gli furono amputate le mani e in seguito seppellito con altri suoi compagni a Valle Grande (il luogo sarebbe stato rivelato solo dopo molti anni da un militare dell'esercito boliviano presente alla cattura del Che), nel 1997 le sue spoglie furono localizzate e disseppellite e quindi traslate a Cuba dove, con grandiosi funerali di stato, furono tumulate a Santa Clara.


La vita del Che stimola la riflessione sull’uso della violenza e delle armi, il fine giustifica i mezzi? Si può combattere e uccidere degli esseri umani per la libertà di altri? Non è questa la sede per simili riflessioni.
Per oggi lasciamo perdere le polemiche e ricordiamo una delle personalità più importanti del novecento, colui che è diventato simbolo e icona di ogni rivoluzione o protesta moderna, colui che ha lottato contro l’ingiustizia e le disuguaglianze fino alla morte.
Ricordiamolo così:
“Siate sempre capaci di sentire nel profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo”

E

“Se io muoio non piangere per me, fai quello che facevo io e continuerò vivendo in te.”

05 ottobre 2007

S.O.S. BIRMANIA

Proprio in questi giorni nella nostra città, Padova, si svolge la settimana della pace e della non violenza. Iniziativa ad opera del comune in collaborazione con diverse sigle provenienti dal mondo dell’associazionismo e dei sindacati che ha in programma diversi appuntamenti , anche di portata nazionale.
Bella iniziativa, che coincide purtroppo con le brutte immagini che ci provengono dal sud-est asiatico e che stanno facendo il giro del mondo per crudeltà ed orrore.
Proprio nella settimana della pace, che culminerà con la classica marcia Perugina - Assisi domenica 7 ottobre, vogliamo parlare una volta tanto pure noi di diritti umani, in questo caso calpestati, e non violenza.

Gli episodi di questi mesi hanno riportato agli occhi del mondo, dopo anni di silenzi e disinteresse, lo strazio che il popolo Birmano subisce da quasi vent’anni dopo il golpe militare del 1988 che ha portato al potere Than Shwe.
A Myanmar è in atto una violenta repressione delle manifestazioni pacifiche, che si stanno svolgendo in tutto il paese da oltre un mese. Il 25 settembre circa 300 persone sono state arrestate durante le proteste e tre monaci sono stati uccisi: uno da un colpo arma da fuoco e gli altri due a seguito di un pestaggio. Il giorno dopo vi sono state altre vittime, e almeno un giornalista è rimasto ucciso. Fonti non ufficiali hanno fatto sapere ad Amnesty International che oltre 50 monaci sono rimasti feriti. Le ultime notizie ricevute da Amnesty International in queste ore non sono incoraggianti. Numerosi raid da parte della polizia stanno avendo luogo in queste ore nei monasteri buddisti di Yangon e in altre città del paese, non si conosce ancora il numero preciso dei monaci arrestati e delle persone rimaste ferite.Per scongiurare il ripetersi del bagno di sangue del 1988, quando furono uccise circa 3000 persone, Amnesty International ha lanciato un appello alle autorità di Myanmar chiedendo loro di mettere fine alle repressioni contro i dimostranti pacifici e garantire il rispetto del diritto di manifestazione.


ANCHE TU PUOI FARE QUALCOSA DI IMPORTANTE!FIRMA L'APPELLO ON-LINE A QUESTO INDIRIZZO: http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Myanmar
Per saperne, invece di più sugli appuntamenti della “settimana della pace e della non violenza” clicca su: http://www.comune.padova.it/