17 dicembre 2009

FORZE ARMATE PRIVATIZZATE

Tutta la gestione della Difesa passa in mano a una società per azioni. Che spenderà oltre 3 miliardi l'anno agli ordini di La Russa. Così un ministero smette di essere pubblico.
di Gianluca di Feo,

Le forze armate italiane smettono di essere gestite dallo Stato e diventano una società per azioni. Uno scherzo? Un golpe? No: è una legge, che diventerà esecutiva nel giro di poche settimane. La rivoluzione è nascosta tra i cavilli della Finanziaria, che marcia veloce a colpi di fiducia soffocando qualunque dibattito parlamentare. Così, in un assordante silenzio, tutte le spese della Difesa diventeranno un affare privato, nelle mani di un consiglio d'amministrazione e di dirigenti scelti soltanto dal ministro in carica, senza controllo del Parlamento, senza trasparenza. La privatizzazione di un intero ministero passa inosservata mentre introduce un principio senza precedenti. Che pochi parlamentari dell'opposizione leggono chiaramente come la prova generale di un disegno molto più ampio: lo smantellamento dello Stato. "Ora si comincia dalla Difesa, poi si potranno applicare le stesse regole alla Sanità, all'Istruzione, alla Giustizia: non saranno più amministrazione pubblica, ma società d'affari", chiosa il senatore pd Gianpiero Scanu.Stiamo parlando di Difesa Servizi Spa, una creatura fortissimamente voluta da Ignazio La Russa e dal sottosegretario Guido Crosetto: una società per azioni, con le quote interamente in mano al ministero e otto consiglieri d'amministrazione scelti dal ministro, che avrà anche l'ultima parola sulla nomina dei dirigenti. Questa holding potrà spendere ogni anno tra i 3 e i 5 miliardi di euro senza rispondere al Parlamento o ad organismi neutrali. In più si metterà nel portafogli un patrimonio di immobili 'da valorizzare' pari a 4 miliardi. Sono cifre imponenti, un fatturato da multinazionale che passa di colpo dalle regole della pubblica amministrazione a quelle del mondo privato. Ma questa Spa avrà altre prerogative abbastanza singolari. Ed elettrizzanti. Potrà costruire centrali energetiche d'ogni tipo sfuggendo alle autorizzazioni degli enti locali: dal nucleare ai termovalorizzatori, nelle basi e nelle caserme privatizzate sarà possibile piazzare di tutto. Bruciare spazzatura o installare reattori atomici? Signorsì! Segreto militare e interesse economico si sposeranno, cancellando ogni parere delle comunità e ogni ruolo degli enti locali. Comuni, province e regioni resteranno fuori dai reticolati con la scritta 'zona militare', utilizzati in futuro per difendere ricchi business. Infine, la Spa si occuperà di 'sponsorizzazioni'. Altro termine vago. Si useranno caccia, incrociatori e carri armati per fare pubblicità? Qualunque ditta è pronta a investire per comparire sulle ali delle Frecce Tricolori, che finora hanno solo propagandato l'immagine della Nazione. Ma ci saranno consigli per gli acquisti sulle fiancate della nuova portaerei Cavour o sugli stendardi dei reparti che sfilano il 2 giugno in diretta tv?
Lo scippo. Quali saranno i reali poteri della Spa non è chiaro: le regole verranno stabilite da un decreto di La Russa. Perché dopo oltre un anno di dibattiti, il parto è avvenuto con un raid notturno che ha inserito cinque articoletti nella Finanziaria. "In diciotto mesi la maggioranza non ha mai voluto confrontarsi. Noi abbiamo tentato il dialogo fino all'ultimo, loro hanno fatto un blitz per imporre la riforma", spiega Rosa Villecco Calipari, capogruppo Pd in commissione Difesa: "I tagli alla Difesa sono un dato oggettivo, dovevano essere la premessa per cercare punti di convergenza. La tutela dello Stato non può avere differenze politiche, invece la destra ha tenuto una posizione di scontro fino a questo scippo inserito nella Finanziaria".Non si capisce nemmeno quanti soldi verranno manovrati dalla holding. Difesa Servizi gestirà tutte le forniture tranne gli armamenti, che rimarranno nelle competenze degli Stati maggiori. Ma cosa si intende per armamenti? Di sicuro cannoni, missili, caccia e incrociatori. E gli elicotteri? E i camion? E i radar e i sistemi elettronici? Quest'ultima voce ormai rappresenta la fetta più consistente dei bilanci, perché anche il singolo paracadutista si porta addosso una serie di congegni costosissimi. La definizione di questo confine permetterà anche di capire se questa privatizzazione può configurare un futuro ancora più inquietante: una sorta di duopolio bellico. Finmeccanica, holding a controllo statale che ingaggia legioni di ex generali, oggi vende circa il 60 per cento dei sistemi delle forze armate. E a comprarli sarà un'altra spa: due entità alimentate con soldi pubblici che fanno affari privati. Con burattinai politici che ne scelgono gli amministratori. All'orizzonte sembra incarnarsi un mostro a due teste che resuscita gli slogan degli anni Settanta. Ricordate? 'L'imperialismo del complesso industriale-militare'. Un fantasma che improvvisamente si materializza nell'opera del governo Berlusconi


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/forze-armate-e-privatizzate/2117172//0

08 dicembre 2009

SOCIAL PARTY - Lab '48 in festa!


Prima festa organizzata da Lab'48 per festeggiare i tre anni di attvità... non mancare!
Vi aspettiamo numerosi!

13 ottobre 2009

LABORATORIO '48


Quest'anno le riunioni di Lab '48 sono state spostate, causa impegni dei componenti , al Lunedì nel tardo pomeriggio, dalle 18.15 alle 20.00.

Come sempre gli incontri si terranno nella nostra sede di via Romana Aponense 289 ( circolo "Armistizio" del Partito Democratico).

Per contattarci puoi scriverci all'indirizzo mail:
laboratorio48@gmail.com

Oppure ci puoi trovare su facebook digitando seplicemente:
laboratorio '48

23 luglio 2009

PAPI GATE CENSURATO DALLA , SOLITA, INFORMAZIONE DI REGIME...




















Se c'è una cosa che in Italia lascia ancora piuttosto perplessi è la "doppia" informazione di cui godono i cittadini della penisola.

Siamo difatti da qualche anno di fronte ad un fenomeno anomalo, tutto italiano , ossia la compresenza di cittadini informati (tramite la rete, e qualche quotidiano ancora libero) da una parte, e cittadini che non hanno idea di cosa stia succedendo in Italia ( la maggiornaza, ossia quella parte che ricorre all'informazione proveniente dalla televisione)dall'altra.
Pochi, infatti, sono venuti al corrente del contenuto delle registrazioni eseguite dalla escort Patrizia D'addario impegnata in un "colloquio" piuttosto hot con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. (PER LEGGERE I DETTAGLI DIGITARE IL SEGUENTE LINK: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/intercettazioni/2104824

I nastri , pubblicati in Italia solamente da Espresso e ripresi da Repubblica, stanno facendo letteralmente il giro del mondo tra lo stupore e lo sconcerto globale.
In Italia, invece, si assiste come sempre alla solita censura da parte di RAi e Mediaset, con il risultato che lo scandalo sessuale ribattezzato come PAPI GATE, tarda ad esplodere, se esploderà...
L'opposizione, nel frattempo, chiede spiegazioni ma riceve in cambio solo gli sfottò e le spallucce dei "lacchè dell'imperatore", Ghedini e Gasparri in testa.
E pensare che era tutto nato dalla denuncia del ciarpame senza pudore della moglie..immidiatamente derubricato da Minzolini e colleghi
Di seguito riporto il servizio di Repubblica del 22 luglio a riguardo:

Nuovi nastri Berlusconi-D'Addario
scontro al Senato, slittano le mozioni Pd
di MAURO FAVALE

ROMA - Non sono finite le registrazioni delle conversazioni tra Silvio Berlusconi e Patrizia D'Addario: altre quattro vengono pubblicate sul sito internet de L'Espresso e di Repubblica. Una nuova puntata che arriva il giorno in cui, per la prima volta, la vicenda che coinvolge da tre mesi il Presidente del Consiglio approda nell'aula del Senato con la discussione sulla calendarizzazione delle mozioni Pd sui comportamenti di Silvio Berlusconi.

Paolo Gentiloni (Pd) legge negli audio "la smentita alla versione fornita dal premier" e Niccolò Ghedini, parlamentare Pdl e avvocato di Berlusconi ribatte: "Vi è stata un'unica indicazione prospettata da Berlusconi sulla D'Addario: "Non ne ho alcun ricordo. Ne ignoravo il nome e non avevo in mente il viso"". Ghedini, però, stavolta non si arrocca sulla falsità dei nastri. "E' facile manipolarli" ma la pubblicazione, "se fossero veri, sarebbe comunque illecita". Il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, denuncia "la politica e l'informazione fatte dal buco della serratura". E Tarak Ben Ammar, finanziere franco-tunisino, membro del Cda di Mediobanca e amico personale di Berlusconi intravede, nella pubblicazione delle conversazioni "un attacco all'Italia".

Al Senato, invece, è tutto rimandato a settembre. Perché, per discutere in Parlamento delle conseguenze dei comportamenti privati di Berlusconi "c'è tutto il tempo", dice un raggiante Maurizio Gasparri. Com'era prevedibile il Senato decide di "stralciare" le due mozioni presentate dal Pd con votazione a maggioranza. "Una forzatura", dicono dai banchi dell'opposizione che, compatta (Pd, Udc e Idv), vota contro la proposta di Pdl e Lega. "Solo un patto tra gentiluomini che i democratici non hanno rispettato", chiosa il vicecapogruppo Pdl Gaetano Quagliariello. "Avevamo permesso al Pd - continua - di calendarizzare una discussione sul G8 due settimane fa, senza leggere i testi delle mozioni. Loro hanno voluto presentarne due che non avevano un collegamento attinente e sono venuti meno al gentlemen's agreement".

"Non è vero - risponde la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro - nessuna scorrettezza. Le nostre mozioni erano attinenti: riguardano la sicurezza nazionale messa a rischio dai comportamenti del premier. I giornali internazionali si sono occupati dei temi trattati nella mozione nel periodo antecedente al G8. Il tutto riguardava il G8 che si è svolto in Italia".

La maggioranza non sente ragioni. In aula l'ordine di scuderia è quello di concedere lo stretto indispensabile all'opposizione. Quagliariello fa segno a Federico Bricolo, capogruppo della Lega di "tenere i toni bassi".

Ma ormai la discussione è aperta e per oltre mezz'ora, a Palazzo Madama, la tensione è alta e le parole pesantissime. "E' stato travolto ogni limite, non c'è più misura - si lamenta Luigi Zanda, vicecapogruppo democratico - sono emersi così tanti e così smodati eccessi che i comportamenti privati hanno finito col condizionare lo stesso funzionamento delle istituzioni".

Udc e Idv accusano la maggioranza di "aver paura di discutere di questi argomenti". "Nessun timore - risponde il capo dei senatori Pdl - ma vogliamo avere anche noi la possibilità di presentare mozioni: ci sono numerosi problemi dentro al Pd, dalla sanità pugliese alla questione morale segnalata dal senatore democratico Ignazio Marino".

Poi un botta e risposta velenoso con Zanda: "So che il senatore Zanda - afferma Gasparri - è un vecchio sodale di alcuni gruppi editoriali perché quando è morto Caracciolo (che fu presidente onorario del gruppo L'Espresso, ndr) ho scoperto che vive in una casa che gli ha regalato Caracciolo. Beato lui". Zanda replica: "Non ho intenzione di rispondere ai suoi insulti. Ma, per onore della verità, ci tengo a chiarire che in tutta la mia vita non ho mai ricevuto in eredità nessuna proprietà immobiliare".

01 luglio 2009

QUANDO PURE LA MEMORIA CADE IN PRESCRIZIONE..



Innanzitutto vorrei iniziare chiedendo scusa per la prolungata latitanza del blog.
Il mese e mezzo appena trascorso è stato molto lungo ed intenso, caratterizzato da una campagna elettorale che alla fine ci ha visti premiati e contenti. Come molti ormai già sapranno siamo stati eletti in consiglio di quartiere (Marco Concolato è la quinta persona più votata con 175 preferenze).
Di questo risultato non smetteremo mai di ringraziare tutti quelli che ci hanno sostenuto e incoraggiato da inizio campagna, ormai più di due mesi fa, fino ad oggi.

Il fatto che il blog sia stato tracurato in questo periodo non sta a significare che ci siamo dimenticati delle vicende riguardanti la politica nazionale.
Non è, infatti, passata inosservata l'ennesima proposta lanciata da parte di "Berlusconi e soci" di mettere il bavaglio alla libera informazione che circola on line.

Per capire a cosa mi riferisco, ossia alla proposta di legge relativa all'introduzione del "diritto all'oblio" presentata dall' on. leghista Carolina Lussana, rimando ad un utile riflessione di un professionista dell' argomento: l'avv.
Antonello Tomanelli.

L'articolo integrale lo potete trovare alla pagina:
http://www.difesadellinformazione.com/ultime_notizie/132/internet-e-diritto-all-oblio-quando-la-memoria-cade-in-prescrizione/

" Il generale Rafael Videla, capo della giunta militare che governò l’Argentina tra il 1976 e il 1981, amava ripetere che “la memoria è sovversiva”. Il senso della frase è che niente che possa nuocere al Potere va ricordato. In un’ottica opposta, Roberto Scarpinato, magistrato antimafia della procura di Palermo, dice che “la memoria è come un indice puntato contro i crimini del Potere”.

Carolina Lussana, deputata della Lega, ha fatto propria la tesi del dittatore argentino presentando alla Camera dei Deputati il disegno di legge n. 2455, che vuole regolamentare il cosiddetto “diritto all’oblìo” su internet. Un disegno di legge che impedirebbe di mantenere in Rete, decorso un certo periodo di tempo, informazioni su persone che in precedenza hanno avuto guai con la Giustizia.

Molto sinteticamente, il diritto all’oblìo, creato da quella giurisprudenza degli anni ’70, attentissima ai diritti della persona, che lo collocò tra i diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost., è il diritto di ognuno a non vedere riproposti al pubblico fatti propri che in passato furono oggetto di cronaca. A volte è sufficiente una singola pubblicazione perché una notizia venga acquisita con completezza dalla collettività. Altre volte sono necessari approfondimenti, che fanno sì che la notizia perduri nel tempo. In ogni caso, a partire dal momento in cui il fatto è acquisito nella sua interezza, l’interesse pubblico alla sua riproposizione va scemando fino a scomparire, come se diventasse un fatto privato, e sorge il presupposto del diritto all’oblìo.

Una tutela sacrosanta. Ma che, per ovvi motivi, riguarda il “cittadino X”, il tossicodipendente che per procurarsi la dose rapinò la bottega, o l’anonimo funzionario che si fece corrompere per coprire un abuso edilizio. Non certo il politico di lungo corso, quello il cui rapporto con la collettività perdura nel tempo e che sarà sempre attenzionato dall’opinione pubblica, anche per ciò che riguarda il passato.

Ebbene, il disegno di legge presentato dalla deputata Lussana cancella questo principio. Detta una normativa generale sui termini massimi di permanenza in Rete della notizia di un procedimento penale a carico di chicchessia, pena una sanzione amministrativa da 5.000 a 100.000 Euro ai danni del proprietario del sito. I termini variano a seconda che si tratti di assoluzione o archiviazione (un anno), di amnistia o prescrizione (due anni), di una condanna definitiva. In quest’ultimo caso, i termini sono maggiori e dipendono unicamente dall’entità della pena inflitta con la sentenza di condanna. Ma, cosa più importante, non si guarda all’autore del fatto. La normativa riguarda tanto il pastore che uccide per riprendersi la pecora quanto il presidente del Consiglio."

05 giugno 2009

SABATO E DOMENICA ELEZIONI AMMINISTRATIVE A PADOVA!!


Siamo ormai arrivati agli sgoccioli di una campagna elettorale lunga e tesissima.
Questo mese e mezzo appena trascorso ha visto la partecipazione di molte persone, i ragazzi di Laboratorio '48, i giovani del quartiere,tutti impegnati insieme per provare a dare voce a quella componente che viene messa o si fa mettere troppo spesso in disparte,
il mondo giovanile.

Dopo aver volantinato casa per casa ,mandato messaggi, fatto chiamate, organizzato iniziative ora, probabilmente molta gente sa che c'è qualcuno, il sottoscritto, che si candida per provare a portare nuove idee, nuove proposte, nuove energie ad un consiglio di quartiere fin troppo "maturo".
Quello che ci siamo messi in testa è, ormai da un bel pò di tempo, è che dare una rinfrescata al quartiere è ormai diventato una necessità!
Sin dall'inizio di campagna mi son presentato per quello che sono , anteponendo la faccia ed il mio curriculum personale (gli intensissimi tre anni con laboratorio '48 ed il centro sociale "Armistizio") a proclami e promesse perchè la politica, nel mio modo di vedere le cose, va fatta così.
La politica necessità, appunto di meno parole e più fatti, concretezza, partecipazione e voglia di fare.

Come molti già sapranno, mi presento in una lista del Partito Democratico, quindi appoggio Zanonato, ma non ho nessuna tessera di partito.. cosa che mi permette di muovermi secondo la mia coscienza personale.. di cittadino, studente e lavoratore!

Probabilmente i dubbi maggiori che assillano i miei coetanei riguardo alla mia candidatura riguardano gli effettivi poteri di un consiglio di quartiere.
Invece è proprio qui che ci si sbaglia. Il quartiere, oltre a rivestire un ruolo importantissimo nel collegare isituzioni e cittadini, ha poteri davvero non indifferenti.
Forse son in pochi a sapere che i quartieri hanno la completa autonomia su un bilancio annuo di un milione di euro?
Solo questo serve a dimostrare che non stiamo perlando di un ente inutile e privo di significato, anzi.

Mi permetto di esprimere la mia opinione anche sul rinnovo del Consiglio comunale, perchè anche qui siamo impegnati in una battaglia durissima.
Non mi soffermo ad elencare i motivi per cui Flavio Zanonato merita di esser riconfermato. Lo sviluppo di Padova nei cinque anni appena trascorsi si commenta da solo.
Quello di cui voglio parlare è il modello di città che propone il centro- destra.
In Veneto le giunte capitanate da PDL- Lega Nord ci offrono diversi esempi di quello di cui sto parlando.
Penso a Verona, Treviso, Cittadella. Città dormitorio, dove le attrattive per i giovani sono ridotte, e persino una panchina piazzata in un parchetto o un bongo suonato alle dieci di sera sono vissute come un pericolo sociale e di ordine pubblico.
La linea Zanonato in tema di sicurezza, una linea che riesce a combinare rispetto della legalità, solidarietà , ricerca dell'integrazione , sta dimostrando di esser una linea vincente riusciendo, allo stesso tempo,a garantire quegli spazi di socialità di cui i cittadini hanno bisogno per vivere, e far vivere, la città.

Per chi non avesse ancora avuto l'occasione di vederlo, di seguito presento alcuni punti per cui mi impegnerò in quartiere in caso di elezione.

PROGRAMMA:
Nuovi spazi aggregativi per i giovani e miglioramento di quelli già esistenti

Diffusione capillare di connessioni internet a banda larga (WIFI, ADSL)

Introduzione del sistema di raccolta differenziata porta a porta

Istituzione di un forum con cadenza bimestrale per recepire idee, preoccupazioni, proposte dal mondo giovanile

Agevolazioni e maggiori opportunità per gli under 30 (convenzioni con esercizi pubblici, iniziative culturali gratuite, gite a prezzi ridotti)

Avvicinamento del cittadino alle istituzioni, trasparenza nelle attività e snellimento della burocrazia con la creazione del sito web del consiglio di quartiere

Apertura del centro civico presso centro commerciale il borgo e potenziamento della biblioteca di quartiere

Potenziamento dei percorsi piedi-bus per tutte le scuole materne ed elementari


Ricordo che la scheda in cui bisogna barrare il simbolo del Partito Democratico, e scrivere CONCOLATO è quella di colore rosa.
Ora non resta che incrociare le dita e aspettare fino a Lunedì.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto e quelli che continueranno a farlo nelle prossime ore.

Rinnovo l'invito, per chi non ne fosse già al corrente, all'aperitivo che abbiamo organizzato per oggi pomeriggio, presso la sede del Partito Democratico di Mandria alle ore 18.30, per la chiusura della campagna elettorale.

Marco Concolato

22 maggio 2009

FINALMENTE QUALCUNO TIRA FUORI L'EMERGENZA... DEMOCRATICA!!!


Nichi Vendola, leader di Sinistra e Libertà, torna a chiedere, con una lettera personale inviata oggi a tutti i leader dei partiti d'opposizione presenti o meno nel Parlamento italiano, un vertice immediato di tutte le forze d'opposizione per coordinare un'iniziativa comune di fronte alla gravissima situazione che si è creata dopo la sentenza Mills e le ultime dichiarazioni del presidente del consiglio.
La lettera è stata inviata a Pierfedinando Casini e Lorenzo Cesa (Udc), Flavia D'Angeli (Sc), Antonio Di Pietro (Idv), Oliviero Diliberto (PdCI), Marco Ferrando (Pcl), Paolo Ferrero (Prc), Dario Franceschini (Pd), Marco Pannella (Pr), Luciana Sbarbati (Mre):


Carissime e carissimi,
vi sono molti, troppi, inquietanti segnali che indicano che il nostro Paese sta attraversando una fase particolare, e per molti versi originale, nella quale il sistema democratico che tutti noi abbiamo conosciuto e nel quale abbiamo vissuto e operato è messo a serio rischio.
Sta crescendo nel nostro Paese una vera e propria emergenza democratica rispetto alla quale tutti noi abbiamo il dovere e la necessità di reagire in modo adeguato e tempestivo.
Per questa ragione mi assumo la responsabilità di scrivervi e di proporvi un incontro a brevissimo termine per assumere assieme le iniziative adeguate, come compete ad un’opposizione parlamentare ed extraparlamentare, come è la forza politica cui appartengo, non certo per sua scelta.
Conviene evitare paragoni con il passato, sempre difficilmente proponibili, ma certamente abbiamo avuto modo, e con noi le italiane e gli italiani, di cogliere nei recenti comportamenti della maggioranza, del governo e segnatamente del Presidente del Consiglio, atteggiamenti, comportamenti, dichiarazioni e atti che entrano in collisione con le regole più elementari di una repubblica democratica e parlamentare.
Non credo sia sfuggito a nessuno il carattere ricattatorio del discorso pronunciato da Silvio Berlusconi di fronte all’assemblea di Confindustria. Un Presidente del Consiglio che controlla direttamente o indirettamente quasi l’intero sistema mediatico minaccia di rivolgersi direttamente al popolo per sovvertire gli assetti costituzionali aggirando o, peggio, ignorando con esplicito disprezzo il Parlamento.
Questo atteggiamento arrogante e, temo, non privo di venature eversive era già evidente nella vicenda apertasi con la sentenza sul caso Mills. Siamo di fronte ad un assurdo: chi è stato destinatario di un atto di corruzione viene condannato dalla Magistratura, mentre il suo eventuale corruttore è protetto da una legge vigente, contro la quale l’opposizione si è fortemente battuta, che lo sottrae a qualunque tipo di giudizio. Non compete a noi entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Così come il Presidente del Consiglio non dovrebbe abbandonarsi ad una pubblica sequela di insulti rivolti alla Magistratura giudicante in ragione di una sua presunta intenzione persecutoria motivata addirittura da una altrettanto presunta collocazione politica dei singoli magistrati.
Ma noi non possiamo assistere impassibili ad una nuova recrudescenza di dichiarazioni e atti che mirano a sottoporre la Magistratura sotto il controllo politico dell’Esecutivo, stravolgendo l’equilibrio dei poteri di uno stato democratico e la sua Costituzione.
E’ da notare come tali comportamenti costituiscano di per sé un motivo di uno scontro ora strisciante, ora esplosivo con le più alte cariche dello stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, i cui ripetuti, ponderati e preziosi interventi a tutela degli equilibri istituzionali e della nostra Costituzione sono stati disattesi e persino svillaneggiati dal Presidente del Consiglio.
La stessa vicenda della oscura relazione tra il presidente del consiglio e la famiglia Letizia non può essere confinata nella sfera del privato, il confine tra pubblico e privato essendo, come segnalano tutti i migliori studiosi delle moderne democrazie, diverso per chi ricopre cariche istituzionali e per il comune cittadino. E di fronte a denunce che partono dagli stessi famigliari del presidente del Consiglio, non credo si possa tacciare di indebita invasione nel privato la richiesta formale di pubblici chiarimenti da parte di chi un ruolo pubblico riveste.
La mia elencazione potrebbe continuare ma sarebbe superflua poiché già così la misura appare colma.
Ad un’emergenza democratica si deve rispondere con un’eccezionale sussulto democratico nel Paese e nelle istituzioni.
Non credo che il Parlamento possa limitarsi ad attendere che il Presidente del Consiglio decida, a seconda dei suoi desideri e delle sue convenienze, se presentarsi di fronte ad esso o meno. L’opposizione parlamentare è in possesso di precisi strumenti regolamentari per giungere, nel modo e nelle forme opportune, a un dibattito parlamentare la cui urgenza mi sembra ormai massima.
Per questo mi rivolgo a Voi, pur in un momento come l’attuale che ci vede in competizione nella campagna elettorale per le elezioni dei parlamento europeo e di molti consigli provinciali e comunali.
L’imminente confronto elettorale non può fare venire meno, neppure per un attimo, il nostro senso di responsabilità verso la Costituzione italiana e l’ordinamento democratico dell’Italia.
Mi auguro quindi che vogliate concordare con la necessità di un’immediata riunione di tutte le forze dell’opposizione, presenti o no nell’attuale Parlamento, per concordare e assumere tutte le iniziative unitarie, nel Parlamento italiano e in quello europeo, nelle Istituzioni locali, nella società civile per fare uscire il nostro Paese indenne dall’attuale emergenza democratica che lo investe.
In attesa di un Vostro tempestivo cenno di riscontro, Vi saluto augurando a tutti noi un presente e un futuro di democrazia e libertà.

15 maggio 2009

LO CHIAMAVANO "PACCHETTO SICUREZZA"...

di Jacopo Venier (tratto dal sito di Articolo21)

Dal pacchetto sicurezza una brutale censura su internet


L’organico disegno reazionario del Governo Berlusconi si sta dispiegando ad un ritmo impressionante. Sia sul piano istituzionale che su quello sociale assistiamo ad una accelerazione che mira a saggiare i punti di resistenza dei potenziali avversari. L’attacco al Presidente della Repubblica ed al Parlamento corrisponde all’offensiva contro il contratto nazionale di lavoro ed il diritto di sciopero. La libertà di stampa e di espressione è anch’essa nel mirino. Dall’inizio della legislatura la destra ha preso decisioni gravissime che proprio in questi giorni rischiano di divenire legge.
Il cosiddetto “decreto intercettazioni” contiene, accanto alla distruzione di uno strumento fondamentale per le indagini contro la mafia e la corruzione, anche norme liberticide che, nella sostanza, impediranno ai giornalisti di fare inchiesta e denuncia. Nel decreto non c’è solo la previsione del carcere ai giornalisti che pubblicano le intercettazioni o la proibizione assoluta di pubblicare ogni notizia sulle indagini in corso sino alla udienza preliminare (norme in contrasto sia con la Costituzione italiana che con le sentenze della Corte europea di giustizia). Questa legge contiene anche l’insidiosissima norma che prevede la responsabilità diretta degli editori su ciò che viene pubblicato. In questo modo si cancella la forma storica della libertà di stampa in Italia che prevede l’autonomia delle redazioni nei confronti della proprietà. Cancellando di fatto la figura del direttore responsabile si introduce una censura diretta da parte degli editori sulle redazioni e si induce all’ auto-censura preventiva i giornalisti.
I tagli e le modifiche nelle procedure del finanziamento alla stampa colpiranno duramente il pluralismo dell’informazione. Uno dei primi atti di questo Governo è stato infatti quello di tagliare del 50% il finanziamento alla stampa e di prendere nelle proprie mani, togliendo la competenza parlamentare, le decisioni sul flusso di queste risorse indispensabili prima di tutto per la sopravvivenza di testate scomode e quindi non sostenute dal mercato della pubblicità.
Ed infine l’articolo 60 del “pacchetto sicurezza” introduce una brutale censura su internet. Con la scusa della lotta alla pedofilia si prevede che il Ministero degli Interni potrà chiudere intere testate, blog e siti se qualche “ronda informatica” segnalerà una generica “apologia di reato” o “ incitamento alla violazione della legge”. Anche in questo caso si obbligano non le redazioni ma i provider ( e cioè le imprese che non producono ma ospitano i contenuti su internet) ad agire preventivamente perché nessuno possa pubblicare i contenuti incriminati. Per fare un esempio se la redazione di un sito (ma eventualmente anche un singolo navigatore con un post) scriverà che “bisogna bloccare la costruzione della base di Vicenza” qualcuno, magari una ronda telematica, potrà chiedere al Governo, non solo la rimozione di questa “apologia di reato”, ma l’oscuramento dell’intero sito.
In questi ultimi giorni abbiamo partecipato alle mobilitazioni promosse dalla Federazione della Stampa e, come pdcitv, abbiamo contribuito a lanciare una campagna contro la censura sulla rete ( www.laretetilibera.org ). Decine di testate on-line hanno già sottoscritto un appello comune per mettere assieme le forze ed impedire che Governo e Parlamento chiudano la bocca all’informazione libera. Chiediamo a tutti di sottoscrivere l’appello ma soprattutto rilanciare in ogni modo la consapevolezza e la mobilitazione.
La logica di fondo di tutti questi provvedimenti infatti è quella di mettere la stampa e l’informazione in generale sotto il controllo, diretto o indiretto, del Governo.
Contro questo disegno serve innanzitutto una campagna politica che renda evidente, appunto, il carattere organicamente reazionario dell’azione del Governo. Bisogna quindi al più presto uscire dalle mobilitazioni degli “addetti ai lavori” e cercare di dare una consapevolezza di massa al pericolo che corre la libertà di stampa e di espressione nel nostro paese.

27 aprile 2009

COME DICE IL MIO AMICO NICOLO'... BUON 25 APRILE

Riportiamo questo articolo scritto da Benny Calasanzio (www.beenycalasanzio.blogspot.com).
"Ho un amico. Si chiama Nicolò e vive a Padova. Caspita, Padova, a volte non ci penso... grande città Resistente. Gli universitari con i professori, assieme nascosti nei laboratori, tra provette e mappamondi, a resistere, a sabotare, a combattere. Grande città Padova. Con Nicolò abbiamo fatto l'università assieme, ora continuiamo a vederci. Nicolò è la mia coscienza antifascista. Nicolò è quello che, quando il clima tende al dialogo, al superamento di ogni differenza in nome di una fantomatica unità, mi riporta alla realtà. Lui è un ragazzo di sinistra. Dice estrema, ma in realtà è antica. Lui parla ancora oggi, quotidianamente di partigiani. Lui avrebbe voluto esserlo un partigiano. Secondo me un pò crede di esserlo. Però è nato dopo, ha trovato la democrazia e ha trovato sopra la sua testa i monti e i colli in cui si nascondevano i partigiani. Avrebbe voluto fare qualcosa per la Liberazione. Ma non è riuscito a nascere prima, lo ha fatto solamente nel 1985. Quando mi lascio momentaneamente convincere che dopo oltre 60 anni non ha più senso essere divisi, lui mi ferma, mi parla e io capisco. Ma non lui di persona, il suo concetto. Io ho il concetto Nicolò. C'è stata una guerra, tra chi voleva la dittatura e chi voleva la democrazia. Tra chi credeva che tutti gli esseri umani fossero uguali e chi credeva che gli ebrei lo fossero meno di altri. E come gli ebrei i neri, e come i neri gli zingari, e come gli zingari pure i gay. E in virtù di questa "differenza" li ammazzava, senza timori, senza rimorsi. C'è stata la guerra, ed è stata vinta da chi tifava per la democrazia. Gli altri sono stati spazzati via. Oggi tornano, sotto nuove spoglie, sotto nuovi slogan. E Nicolò mi mette in guardia. Non ci sono fascisti buoni, dice. E ha ragione. In Italia potrà mai esserci una destra per bene che rinnega il fascismo? Dei giovani di destra che amano la democrazia disprezzando il Duce e compagnia bella? Io spero di si, lo spero davvero, e perchè no, vorrei marciare con loro per celebrare la democrazia, che oggi beneficia me, ma che beneficia anche loro. Oggi è il 25 aprile. E' il compleanno di chi? Di un pò di persone, credo che per Nicolò sia il giorno più bello dell'anno. Si esalta, racconta aneddoti. Come quando in bici, approfittando di uno svarione di alcuni tecnici, entrò di nascosto in una base americana dismessa sui colli euganei. Entrò e si mise a girare, a girare, a girare. Ma se chiudevano in cancello? Non ci pensavo mi dice.
Oggi è il 25 aprile e io esprimo un desiderio: di avere sempre memoria. Di ricordare che c'era chi voleva annientare l'Italia e chi la voleva libera, chi voleva venderla alla Germania nazista e chi voleva regalarla migliore ai propri figli. Oh, Nicolò, mi senti? Viva la Resistenza, viva la Liberazione."
Questo a ribadire che i morti non sono tutti uguali, può, e deve, essere uguale la pietà nei loro confronti, ma cancellare nella tragedia motivi ed ideali che li hanno portato alla fine della loro vita travisa enormente il valore dell'estremo sacrificio. E' come equiparare chi è investito sulle strisce pedonali con chi si schianta ubriaco contro un muro a 15o km/h, certo entrambi son vittime di incidenti stradali ma la differenza, a mio avviso, c'è.
La pacificazione nazionale non si ottiene scendendo a compromessi, svalutando da una parte le gesta (a volte retoricamente) eroiche dei partigiani, e rivalutando in parte (o in toto) la Repubblica di Salò. La Resistenza non sono solo i 90 mesi tra l'8 settembre e il 25 aprile, la Repubblica di Salò ha origini e colpe che iniziano negli anni 20.
Bisogna ribadire che da una parte sta il giusto e dall'altra l'errore, fare la conta dei morti è solo demagogia atta a creare confusione: sicuramente qualche partigiano in combattimento avrà sparato poco eroicamente alle spalle di qualche tedesco, ma nessun partigiano scortava i reparti tedeschi che rastrellavano, deportavano, trucidavano, incendiavano paesi in cui vivevano civili(donne e bambini inclusi) italiani.
Quindi se per la pacificazione nazionale devo rinnegare l'essenza stessa della Resistenza e riconoscere uguale onore a tutti, perdonatemi ma io continuerò a preferire la retorica per cui "gli eroi son tutti giovani e belli".

24 aprile 2009

25 APRILE

"Studenti dell’Università di Padova! Sono rimasto a capo della Vostra Università finche speravo di mantenerla immune dall’offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitù politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio ed al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento. Oggi il dovere mi chiama altrove. Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che - per la defezione di un vecchio complice - ardisce chiamarsi repubblicano, vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell’anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell’Aula Magna, travolti sotto l’immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di venti anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l’anima vostra. Ma quelli che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il loro grido e si sono appropriata la vostra parola. Studenti: non posso lasciare l’ufficio di Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano. Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina. Studenti, mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina; per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignoranza, aggiungete al labaro della Vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo. "
Il Rettore: Prof. Concetto Marchesi, 1 DICEMBRE 1943

07 aprile 2009

INCONTRO CON SALVATORE BORSELLINO!!!!



Mercoledì 15 aprile, presso i locali dell'ex Fornace Carotta (nella foto) di via Siracusa (zona Sacra Famiglia- Padova), Laboratorio '48 incontrerà Salvatore Borsellino e Benny Calasanzio per un incontro pubblico su politica , questione morale e criminalità organizzata!!

L'evento è un occasione per riflettere ancora una volta su alcuni temi a noi cari che hanno caratterizzato i primi tre anni di vita di Laboratorio '48.

Rinnoviamo l'invito a non mancare all'appuntamento ed a spargere la voce.
L'inizio della serata è previsto per le ore 20.45.

L'entrata è rigorosamente ad ingresso gratuito!!!

01 aprile 2009

Neutralità della rete, la resa dei conti

Contro il fiorire di disegni di legge repressivi, l’opposizione propone un testo in difesa dei pilastri della internet e di stimolo alla diffusione della connettività in Italia. Due schieramenti opposti e spesso inconciliabili, sempre più vicini al confronto decisivo

È come poco prima dei calci di rigore, in una finale: la tensione dai palchi è al massimo e la contrapposizione tra opposti gruppi che rumoreggiano si fa nettissima. Siamo alla resa dei conti, infatti, su un tema che è balzato di colpo dalle private stanze degli addetti ai lavori ai fari della politica. Anche in Italia. Perché di neutralità della rete non si è mai parlato così tanto, da noi, come in questo periodo. Nel giro di pochi giorni abbiamo avuto una proposta di legge dal Partito Democratico, che è la prima in Italia (e forse anche nel mondo, a detta degli esperti) a parlare esplicitamente di difesa della neutralità della rete. Si contrappone esplicitamente alle tante proposte che sono arrivate dal Popolo delle Libertà, a raffica nei giorni scorsi. E anche il loro rapido succedersi rivela la crescente attenzione della politica (nel bene o nel male) per internet, sebbene senza rinunciare alle solite incomprensioni e agli equivoci (come quello di definire internet luogo di anarchia, senza regole, dove scorazzano liberi pirati e pedofili, come ribadito nei giorni scorsi ancora una volta da Barbareschi.

Forse hanno ragione quei commentatori che vedono, nella proposta del PD, il gioco facile di chi scrive belle parole nella certezza che mai si trasformeranno in legge. D’altro canto, però, è una proposta che arriva sull’onda di un fenomeno, e che è quindi figlia del proprio tempo: magari di per sé sarà poco efficace, sul piano pratico, ma risponde all’esigenza di creare una coalizione più netta intorno alla difesa dei principi della rete. E così che nei giorni scorsi è nato anche Amointernet.it, che «riassume le idee e le posizioni di un gruppo di persone, professionisti, appassionati, cittadini che ritengono che Internet e l’innovazione in generale facciano parte del futuro dell’Italia». Molti di questi principi sono in linea anche con le posizioni di NNsquad Italia, neo nata organizzazione che sta venendo sempre più allo scoperto e che nei prossimi mesi si presenterà ufficialmente al pubblico. Si sa che la gente sente il bisogno di alzare gli scudi solo quando sente scoccare dall’altra parte le frecce. Questo grande movimento di idee e di persone è quindi il risultato del fatto che si stanno consolidando due lobby politiche e di addetti ai lavori. Una a favore di nuove regole per internet, l’altra per la tutela e la riaffermazione delle attuali. Questa seconda fazione mira a mettere le regole nero su bianco, sancite nelle norme dello stato. Finora invece principi fondanti come la neutralità della rete sono stati tutelati soprattutto dalla consuetudine.

L’agitarsi di parole e di proposte in terra italiana fa da sostegno a qualcosa che però sarà probabilmente deciso in sede istituzionale europea. La neutralità della rete è del resto un tema troppo vasto, con ricadute sull’economia internet mondiale, per poter essere affidato a legislatori di un singolo Paese. Il 31 marzo Bruxelles voterà emendamenti che vorrebbero dare agli operatori la possibilità di intervenire sul traffico dei propri utenti con libertà e poteri mai esercitati finora. Anche in Europa si assiste al balletto di opposte fazioni: Google, Yahoo!, Skype e eBay hanno scritto a Bruxelles contro questi emendamenti, osteggiati anche da Scambio Etico, come segnala Anna Masera su La Stampa. Guido Scorza nota invece che il parlamento europeo ha approvato una raccomandazione contro censure e minacce fatte dai governi contro la libertà di espressione in internet. A conferma che la partita si gioca soprattutto a livelli europei. Ciò non toglie che serva anche l’apporto dei gruppi d’opinione dei singoli Paesi per decidere le sorti della battaglia finale. Un po’ come fanno i supporter che seguono la propria squadra, sostenendola, nei derby giocati in stadi internazionali.

24 marzo 2009

RESISTENZA ORA E SUBITO!!!



Pubblichiamo la lettera con cui Gioacchino Genchi comunica ai lettori del suo blog come procede l'ultimo dei troppo frequenti attacchi contro un uomo di legge.
Questa sembra esser la fine che si prospetta per tutti coloro che hanno "osato" indagare troppo in alto.


Cari amici, poco fa mi è stata notificata la sospensione dal servizio dlla Polizia di Stato. Col provvedimento di sospensione dal servizio mi sono stati ritirati il tesserino, la pistola e le manette. Il provvedimento è fondato sulla mia replica al giornalista Gianluigi Nuzzi di Panorama, che mi aveva dato del bugiardo su facebook. Il mio amico Marco Bertelli ha ripreso la chat, pubblicandola sul mio blog “Legittima difesa”. Il senso dello Stato ed il rispetto che ho per le Istituzioni mi impongono di tacere e subire in silenzio. Sono vicino e solidale con chi in questo momento, probabilmente, è sottoposto a pressioni politiche assai maggiori delle violenze e delle mistificazioni che sto subendo io. Confermo da cittadino e da poliziotto la mia assoluta stima e subordinazione al Capo della Polizia – Prefetto Antonio Manganelli – che ha adottato il provvedimento di sospensione. Mi difenderò nelle sedi istituzionali senza mai perdere la mia fiducia nella Giustizia e nelle Istituzioni. Vi ringrazio di tutto e spero che le mie sofferenze servano al trionfo della Verità ed alla vittoria dei giusti. Un forte abbraccio per tutti quanti mi siete stati e mi sarete vicini!
Gioacchino Genchi

L'appello di Salvatore Borsellino in difesa di Genchi:

Tenetevi pronti : io, Sonia Alfano e Benny Calasanzio stiamo per lanciare un appello per protestare sabato davanti alle questure di tutta Italia contro il vergognoso provvedimento preso nei confronti di Gioacchino. Non lo lasceremo massacrare in silenzio, dobbiamo difenderlo finchè è vivo, non piangerlo quando sarà morto, dobbiamo portare davanti a tutti la nostra rabbia o saremo anche noi complici di questo assassinio. Preparatevi, non è più tempo di parole, alziamo la testa, non accetteremo più che la Giustizia sia calpestata e che prevalga il sopruso nei confronti dei servitori onesti dello stato. Reagiamo ora, subito, o ci elimineranno uno per uno. RESISTENZA non deve essere solo una vuota parola da scrivere in un blog, deve essere un urlo che si deve levare nelle piazze, davanti ai luoghi del potere, che deve fare tremare le vene e i polsi a chi sta distruggendo il nostro paese, a chi sta rubando il futuro ai nostri giovani.
Salvatore Borsellino

17 marzo 2009

CHE FINE HA FATTO L'AGENDA ROSSA DI PAOLO BORSELLINO?

Il 19 luglio prossimo si celebrerà a Palermo il 17° anniversario della strage di via D'Amelio.
In occasione di questa data, a Palermo , e davanti ai palazzi di giustizia di una ventina di città italiane , ci si troverà per ricordare alle istituzioni che non ci si può rassegnare , dopo 17 anni , all'idea che l'agenda rossa di Paolo Borsellino, l'agenda di un magistrato che ha combattuto contro la mafia, sia svanita nel nulla dopo la sua morte.
Nessun processo ha trovato i responsabili di questa sparizione , nessuna commissione d'inchiesta ha fatto luce su uno dei tanti misteri della storia d'Italia.
Nessuna spiegazione è stata mai fornita a chi chiedeva delucidazioni.

Di seguito pubblichiamo un appello di Salvatore Borsellino, tra i promotori dell'iniziativa, per celebrare diversamente questo anniversario.


"Veniamo alla partecipazione per il 19 luglio a Palermo. Innanzitutto non vorrei che quello che stiamo preparando venisse chiamato o inteso come "commemorazione". Le commemorazioni si fanno in Via D'Amelio a Palermo ormai da 17 anni e quello che io voglio fare è proprio spezzare questa catena che sta diventando ormai una abitudine. Per alcuni, i palermitani, forse gli stessi che parteciparono alla cacciata dei politici dalla cattedrale di Palermo il giorno dei funerali dei ragazzi della scorta e che oggi sembrano avere dimenticato quei momenti di indignazione e di rivolta, è un momento per risollevarsi dall'indifferenza e dall'assuefazione nelle quali sono ricaduti e per giustificare davanti alla propria coscienza, con una sempre più stanca partecipazione di qualche ora di quel giorno, il loro silenzio di oggi, Per altri, i complici morali o materiali di quella strage, è un periodico ritornare sulla scena del delitto ed assicurarsi che le vittime siano state effettivamente eliminate; il mettere corone e sentire suonare il silenzio è qualcosa che psicologicamente li rassicura, è proprio il silenzio che vogliono fare calare sui veri motivi e i veri mandanti di quella strage.
Ma quel giorno il buio che questo sistema di potere ha fatto calare su tutto quanto riguarda Via D'Amelio, il centro del SISDE sul castello Utveggio, l'agenda rossa sottratta e per cui viene negato anche un dibattimento in un pubblico processo, si deve necessariamente interrompere e per un giorno i riflettori sono accesi e illuminano tutta la scena. E' questo momento di pausa nelle tenebre che io voglio sfruttare per fare arrivare alla massa inerme dell'opinione pubblica il nostro grido di verità e di giustizia. E' perché questo grido sia abbastanza forte e faccia tremare gli avvoltoi che come ogni anno caleranno in via D'Amelio è necessaria una massa di gente, che, ognuno con la sua agenda rossa levata in altro a simboleggiare la nostra voglia di Giustizia, gridi a questi impostori, a questi sciacalli, la proria rabbia.Ma non si potrà esprimere per questa iniziativa una solidarietà di massima, dire che Palermo è troppo lontana, che non si ha il tempo. E' troppo spendere un giorno della nostra vita per chi ha dato la nostra vita per noi?: Questa non deve essere una manifestazione qualsiasi, deve essere quella scintilla che dovrà provocare un incendio nella massa amorfa di chi non sa, non si rende conto del baratro in cui è precipitato il nostro paese. Da Palermo è cominciato tutto e a partire da Palermo tutto deve cambiare. E' la nostra ultima occasione o dobbiamo rassegnarci a vivere in un paese di schiavi. E non basterà neanche partecipare, bisognerà che ciascuno di noi si attivi al massimo delle proprie possibilità perché questa manifestazione abbia il massimo della partecipazione e il massimo della risonanza. O sarà ancora una occasione sprecata. E non credo che possiamo permettercene ancora.

Salvatore Borsellino.

12 marzo 2009

Attenti al.. blogger!!!

Cito testualmente dal blog di Beppe Grillo. Non commentiamo.
Non ci sembra nemmeno il caso.

"Dopo Levi, Cassinelli, D'Alia è arrivata anche Gabriella Carlucci. La Rete va messa sotto controllo con ogni legge, con ogni scarto umano parlamentare. La scelta su chi deve fare la proposta di legge non è casuale. Meno sanno di Internet, meglio è. Se non sanno nulla, meglio ancora. Infatti, se discutere con una persona informata è un esercizio possibile, farlo con un idiota è sconsigliabile. Chi osserva da fuori vede due idioti che farneticano.
Ogni settimana un nuovo tentativo di imbavagliare, normalizzare, far sparire la Rete. E, ogni settimana, dovremmo confutare, spiegare, dimostrare, comparare, denunciare. Scusate la volgarità, ma questi hanno rotto il c...o. L'Italia ha milioni di disoccupati e i nostri dipendenti d'oro si preoccupano di applicare la censura all'unico strumento di informazione esistente. Pagati da noi, con leggi che non stanno né in cielo, né in terra. Gabry, la meno intelligente, delle sorelle Carlucci e per questo eletta nel PDL, vuole vietare a chiunque di immettere in maniera anonima in rete contenuti in qualsiasi forma. Dobbiamo discutere con quest'ammasso di pochi neuroni e cellulite? Con D'Alia che vuol far chiudere i siti d'autorità dal Ministero dell'Interno per presunti reati senza un giudizio della magistratura? Con la Carlucci che si occupa degli interessi delle corporation? Di una compagine di Governo nanotelevisiva con Mediaset che gli frana addosso giorno dopo giorno? Di Confalonieri che cita YouTube per 500 milioni di euro?
Chi scrive su un muro non è rintracciabile, chi scrive in Rete quasi sempre lo è. Il suo IP lo è. Nella maggior parte dei casi la Polizia Postale è in grado di identificarlo. Questi stanno delirando. La legge Pisanu chiede la carta di identità a chi si collega in Wi Fi. Nei parchi di New York, di Londra, di Parigi, di Madrid ci si collega a decine di reti Wi Fi da una panchina o sdraiati su un prato. Siamo l'unica nazione del mondo che è riuscita a invertire l'accesso a Internet. Nessuno è stato capace di tanto. Neppure la Cina o la Birmania. Il numero di famiglie che si collegano in Italia è diminuito nell'ultimo anno. In migliaia di comuni non arriva l'Adsl o, se è presente, ha la velocità di un doppino. Abbiamo investito miliardi nel digitale terrestre, una tecnologia morta, invece di diffondere Internet nelle scuole e nella pubblica amministrazione.
Se passano queste leggi mi rivolgerò all'Europa, le denuncerò per violazione dei diritti civili. Non mi fermerò. Non ci fermeranno.
Loro non molleranno mai ( ma gli conviene?). Noi neppure."

07 marzo 2009

SALTANO LE PRIMARIE... ZAN LANCIA L'APPELLO!!


Riceviamo e pubblichiamo la lettera-appello di Alessandro Zan riguardo all'annullamento delle primarie per designare il candidato unico, del centrosinistra, per la provincia di Padova.

I motivi della decisione sono ancora piuttosto oscuri, ma da quel che si può dedurre si può far ricondurre la decisione alle beghe interne al Partito Democratico, a livello locale come a livello nazionale.




Cari amici. Come avrete saputo dalla stampa il partito democratico, preda della sua crisi interna, ha deciso di annullare le primarie dell'8 marzo per il candidato a presidente della provincia di Padova. Una mossa dettata dall'incapacità di accettare il rinnovamento politico e pure generazionale che questo strumento comporta. Parlano per tutti i casi di Firenze o, qui da noi, quelli di Monselice e Ponte San Nicolò, dove candidati giovani e indipendenti hanno avuto nettamente la meglio sui candidati docili alle segreterie di partito.
La crisi del Pd a livello nazionale ha fatto il resto.
Abbiamo cercato fino alla fine di sostenere lo strumento partecipativo delle primarie per far si che almeno a sinistra la politica non fosse il teatrino preconfezionato che vediamo quotidianamente. Ho incontrato solo ostilità nonostante le mie richieste di dialogo a tutti i livelli.
Continuerò. Continueremo. Su questo potete stare tranquilli. La fiducia che mi avete accordato con la vostra firma per le primarie non sarà tradita. Continuerò, assieme a Sinistra Democratica e al Movimento per la sinistra di Nichi Vendola a fare politica per portare avanti le mie, le nostre idee di laicità, giustizia sociale, tutela delle persone che mai sono state così in pericolo in questo paese.
Ricostruire una sinistra non ancorata alle vecchie ideologie ma che sviluppa in se i valori che la sua storia le ha consegnato per poter presentarsi come vera e unica alternativa di fronte a forze politiche del centro destra che puzzano sempre più di fascismo. Elegante, mediatico, ma sempre di fascismo si parla.
Per farlo ho bisogno dell'appoggio di tutti voi. Di voi che mi avete sostenuto con la vostra firma alle primarie, purtroppo negate, e che avete invece tutti i diritti di esprimere le vostre idee e i vostri candidati.

Per questo abbiamo organizzato per venerdì 20 marzo presso il ristorante Gustò in Corso Stati Uniti 1/9 un incontro-aperitivo con buffet in cui saranno invitate le mille persone che hanno sottoscritto la candidatura per trovarci e discutere assieme.

Continuiamo assieme. Grazie


Alessandro Zan

05 marzo 2009

APPELLO DI IGNAZIO MARINO!!


Ricevo e pubblico la lettera che sta facendo girare l'ex - poichè silurato dal suo stesso partito - presidente della commissione parlamentare sulla sanità Ignazio Marino, a proposito del disegno legge sul testamento biologico presentato dalla maggioranza.

"Scrivo per chiedere un piccolo sforzo per una importantissima causa. Nelle
prossime settimane il testamento biologico sarà al centro del dibattito in
Parlamento, e la maggioranza intende approvare una legge che limita la
libertà di scelta del cittadino imponendo alcune terapie, come l'idratazione
e l'alimentazione artificiale. Le dichiarazioni anticipate di trattamento
non saranno vincolanti: spetterà sempre al medico l'ultima parola. Qual è
allora l'utilità di questa legge, se non si garantisce al cittadino che la
sua volontà sia rispettata? La verità è che il ddl della destra è stato
scritto per rendere inapplicabile il ricorso al testamento biologico.
Oltretutto, la dichiarazione dovrà essere stipulata davanti ad un notaio, e
rinnovata con cadenza triennale: si immagini cosa significa andare ogni tre
anni davanti a un notaio accompagnati dal proprio medico di famiglia? Al
contrario della nostra proposta poi, non è presente nemmeno un cenno alle
cure palliative, all'assistenza ai disabili, alla terapia del dolore.

Chiedo dunque di diffondere il più possibile questo appello, invitando tutti
i possibili contatti a sottoscriverlo: dobbiamo mobilitarci immediatamente
per raccogliere centinaia di migliaia di adesioni e difendere il nostro
diritto costituzionale alla libertà di cura. Se saremo tanti, il Parlamento
non ci potrà ignorare. Nel prossimo dibattito in Senato il mio impegno
personale è quello di dar voce alla vostra opinione, che credo coincida con
quella della maggioranza degli italiani. Che vogliano utilizzare ogni
risorsa della medicina o che intendano accettare la fine naturale della
vita, i cittadini vogliono essere liberi di scegliere.
Vi ringrazio infinitamente e conto su di voi per far circolare il più
possibile l'appello per il diritto alla libertà di cura sul sito
www.appellotestamentobiologico.it , e grazie perché abbiamo già raggiunto
quasi 100.000 firme!"

Ignazio Marino

02 marzo 2009

H2O ACQUA IN BOCCA: VI ABBIAMO VENDUTO L'ACQUA di Rosaria Ruffini


Mentre nel paese imperversano discussioni sull' eutanasia, grembiulino a scuola,
guinzaglio al cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi,
senza dire niente a nessuno, ha dato il via alla privatizzazione
dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del
decreto legge 112 del ministro Tremonti, che afferma che la gestione dei
servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia
capitalistica.
Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più
un bene pubblico ma una merce, e quindi sarà gestita da multinazionali
(le stesse che possiedono l'acqua minerale). Già a Latina la Veolia
(multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le
bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le
sue squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale
provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più
poveri. L'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo
italiano sta mettendo in vendita. L'acqua che sgorga dalla terra non è
una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene
per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si
combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle
multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i
grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca.

25 febbraio 2009

Non ci sono martiri, né eroi...


Non ci sono martiri, né eroi in questa storia.
E non c’è nemmeno un Humphrey Bogart che dica: “E’ la stampa, bellezza”. Ci sono soltanto giornali e giornalisti. Fatti della vita, che spesso sono fatti scandalosi, e modi diversi di raccontarli. Poteri forti e uomini deboli.
Come forse qualcuno già sa, per il mio giornale, il Corriere della Sera, mi sono occupato per quasi due anni delle inchieste Poseidone, Why Not e Toghe Lucane dell’ex pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, e delle disavventure, chiamiamole così, di Clementina Forleo, da quando l’ex gip di Milano ha cominciato a occuparsi delle scalate bancarie illegali Unipol-Bnl-Antoveneta-Rcs.
Su queste cose, e su altre molto simili, ho scritto anche un libro, “Roba Nostra” (il Saggiatore), in cui si narra di una Nuova Tangentopoli italiana: il primo punto fermo sul quale si basa questa riflessione.
Molti, a destra e a sinistra, naturalmente interessati a smontare sia il contenuto di queste inchieste, senza conoscerle né discuterle, sia l’idea stessa che possa esserci una Nuova Tangentopoli hanno di volta in volta cercato di liquidare le une e l’altra. Come un rigurgito di giustizialismo, come l’irresistibile mania di protagonismo dei soliti magistrati in cerca di autore, o come l’insopprimibile desiderio di riattivare quel circolo (definito sarcasticamente anche circo) mediatico-giudiziario che porta certe notizie fin sui giornali (ma guarda un po’). Insomma, tutto l’armamentario propagandistico che di fronte a un problema serio sposta sempre il problema un po’ più in là per parlar d’altro e rovesciare le parti. Così il problema, il “caso”, per tornare a noi, sono diventati de Magistris e Forleo.
Sapete tutti com’è andata a finire. Forleo e de Magistris trasferiti con motivazioni risibili, pretestuose, addirittura inesistenti e le loro inchieste fatte a pezzi. Anche se alcuni mesi dopo la loro defenestrazione e l’uscita di “Roba Nostra” sono stati in molti, a destra e a sinistra, a riconoscere come stanno realmente le cose. Due persone, in modo particolare. L’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e Primo Greganti, sì, proprio l’uomo del “conto Gabbietta” e delle tangenti rosse. Entrambi, Ciampi e Greganti, hanno detto la stessa cosa: oggi non è “come”, ma è “peggio” di Tangentopoli ’92.
Se la nuova Tangentopoli è più grave della vecchia, allora si capisce meglio perché scriverne e parlarne in tv e sui giornali è cosa molto, molto più difficile di quanto non lo fosse nel ’92. E non solo perché è cambiata l’aria, o perché ci sono dentro tutti (anche allora c’erano dentro tutti, ma alcuni hanno pagato e altri no), quanto perché questa Tangentopoli è davvero “nuova”: innanzi tutto è, al tempo stesso, più semplice e più raffinata nei meccanismi; poi, è più remunerativa e più nascosta; infine è di una trasversalità perfetta, in alcuni casi sembra studiata a tavolino affinché i suoi protagonisti “simul stabunt, simul cadent”.
Per questa ragione, nessuno di noi (pochi) giornalisti che avevamo deciso di scrivere ciò che sapevamo si è mai illuso che il giorno dopo avrebbe continuato a scrivere sull’argomento. In questi ultimi due anni però, bene o male, ci siamo riusciti. Con prezzi alti, in termini di costi umani e professionali, ma ci siamo riusciti.
Abbiamo scritto di questa Nuova Tangentopoli nonostante non operassimo in “pool”, come facevano i cronisti ai tempi di Mani Pulite, ma fossimo altrettanti cercatori di notizie “maledetti e solitari”. E nonostante tutti quei “colleghi” che, pur avendo le nostre stesse notizie, sceglievano di non pubblicarle, di non battersi all’interno dei rispettivi giornali per pubblicarle, o addirittura facessero a gara per “smentire” quelle notizie prima ancora di venirne a conoscenza e di verificarle.
Per questa “presenza” del Corriere della Sera sulle inchieste più delicate del Paese, nell’estate del 2007, i magistrati di Matera indagati in Toghe Lucane mi hanno accusato (assieme ad altri quattro giornalisti e a un capitano dei carabinieri) di “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”, un reato inedito e delirante, per il quale sono ancora indagato.
Le indagini a nostro carico sono state prorogate quattro volte. Ma per questa vicenda nessuna presa di posizione “garantista” da parte dei commentatori un tanto al chilo della “libera stampa”. Per questa vergogna, nemmeno un decimo dell’attenzione riservata da stampa e tv per le proroghe d’indagine, naturalmente subito condannate, decise nelle vicende abruzzesi, campane, toscane, in cui sono indagati politici e imprenditori, cioè i principali protagonisti di ogni tangentopoli che si rispetti.
Con l’imputazione di “associazione a delinquere eccetera”, i magistrati di Matera mi hanno intercettato e hanno ascoltato tutto ciò che dicevo con i miei colleghi e con il mio direttore, e hanno intercettato - meglio sarebbe dire: spiato -, anche l’ufficiale dei carabinieri e il pm de Magistris che parlavano delle indagini su quei magistrati indagati. I quali si sono trasformati d’autorità in indagatori dei loro indagatori (una vera e propria anticipazione, quasi un esperimento, di quanto avverrà a dicembre 2008, nella cosiddetta “guerra” tra le procure di Salerno e Catanzaro).
Quando accadde tutto questo, che se non è un vero e proprio golpe giudiziario molto vi somiglia, tra i pochi a capire cosa stesse succedendo e cosa ci stessero combinando - come giornale e come informazione libera, intendo -, fu proprio Paolo Mieli. L’ho scritto anche in “Roba Nostra”, in un momento non sospetto. Quindi il valore di questa testimonianza è doppio.
Mi disse Mieli: “La cosa più grave, più terribile che possano fare a uno di noi, a un giornalista, è questa. Intercettarlo e metterlo sotto controllo in questo modo. Dopo di che, possono solo sparargli”.
Io lamentai il silenzio degli altri giornalisti. Ma capii che anche il direttore del mio giornale era sotto tiro e sotto pressione come me, a causa di quelle inchieste raccontate dal Corriere, e uscii dalla sua stanza forte di una convinzione: che “l’intesa” con un direttore che rischiava di suo facendomi scrivere certe cose valesse molto di più di scontate dichiarazioni di solidarietà dei “colleghi” e della “categoria” (che in ogni caso non ci sono state). Insomma, la migliore dimostrazione che non fossi solo e che non rischiassi l’isolamento era nel fatto che i miei articoli su quelle vicende, che ormai erano diventate il più grave scandalo giudiziario dal dopoguerra, potessero continuare a essere pubblicati.
Invece, il 3 dicembre scorso, dopo un mio articolo ricco di nomi eccellenti sulle perquisizioni e sui sequestri ordinati dai magistrati di Salerno nei confronti dei magistrati di Catanzaro, sono stato improvvisamente “rimosso” da quel servizio. Stop. Basta. Senz’alcuna motivazione. E da quel momento non posso più scrivere di Salerno, Catanzaro, Poseidone, Why Not, Toghe Lucane.
Ma come, lo stesso Mieli che fino a quel momento si era fatto “garante” della mia libertà e quindi della mia incolumità, proprio lui dice basta? Articoli fatti male? Tutt’altro. Qualche grave “scivolone” su un fatto, su una circostanza di rilievo, su un dettaglio? Nemmeno.
Dopo, molti giorni dopo, nel mio giornale circolerà voce che ero stato rimosso perché ero “indagato”. Un tentativo debole di dare una motivazione alla mia rimozione. Ma anche un tentativo maldestro, perché non specificava che ero, e sono, indagato per quella acrobazia giuridica definita “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”, elaborata strumentalmente dalla procura di Matera. Avrebbe dovuto scattare come un sol uomo, la “categoria”, di fronte a un fatto così grave e così palesemente fuori dalle regole del diritto. Per difendere me, ma soprattutto per difendere il principio di libertà e indipendenza dell’informazione. E invece eccola pronta a farne un motivo di autogiustificazione della propria condotta.
Ma poi, cosa c’entra Matera con la cosiddetta “guerra” tra le procure di Salerno e Catanzaro, che stavo seguendo?
E in ogni caso, cosa c’entra accampare questa motivazione balorda basata su una figura di reato balorda, a sua volta basata sull’assenza di qualsivoglia processo o sentenza che abbia definito diffamatori i miei articoli? Articoli che, al contrario, in questi due anni hanno trovato via via conferma negli sviluppi delle indagini. Articoli che in diversi casi sono stati inchieste giornalistiche dalle quali – dopo – sono scaturite inchieste giudiziarie.
Ancora. Si può davvero credere che siccome un giornalista viene querelato da un cittadino, o peggio da un indagato, debba per ciò stesso smettere di occuparsi dei fatti che coinvolgono quel cittadino o quell’indagato?
Se siamo a questo punto, allora chiunque (ma già siamo su questa strada) userebbe la querela (e ormai anche la citazione al risarcimento danni) proprio per centrare l’obiettivo di togliersi (o far togliere) dai piedi il giornalista “indesiderato”. Come del resto è stato fatto per il pm Luigi de Magistris, quando ha iscritto tra gli indagati Clemente Mastella. Qual è stata l’abnormità logica, prima che giuridica, concepita in quel caso per trasferire de Magistris? Si è detto: un pm che indaghi sul ministro si mette in una posizione di conflitto di interessi con il ministro indagato… Ne consegue, quindi, che non si può indagare un ministro (nemmeno quando quel ministro, come nel caso di Mastella, era indagato per fatti risalenti al periodo in cui era senatore). Ma per favore!
La verità è che io dovevo smettere di occuparmi di ciò che avevo seguito per due anni per una ragione molto semplice. Una ragione che trascende i direttori di testata. In Italia, poi, li sopravanza di parecchie lunghezze, non c’è gara. Ed è la ragione della forza.
La forza dei poteri forti, che si sono sentiti in pericolo per le inchieste di magistrati che svolgevano il proprio compito di servitori dello Stato senza accucciarsi sotto l’ala protettiva dei politici e dei magistrati come loro. Ma, al contrario, hanno messo sotto accusa proprio i magistrati, come mai era stato fatto prima, facendo emergere un dato sconvolgente, che nessun procedimento disciplinare e nessun trasferimento potranno mai fiaccare.