27 ottobre 2008

UNITI CON L'UNIVERSITA'

UNA SPIACEVOLE PROFEZIA…

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c'è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime..Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico .


Piero Calamandrei (discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma, 11 febbraio 1950.)






20 ottobre 2008

IL NOSTRO INTERVENTO PUBBLICATO SU MICROMEGA

Un'altra Italia, un'altra opposizione - Il forum politico di MicroMegaLaboratorio '48: Soddisfazione per questo nuovo progetto politicoScrivo a nome dell'associazione Laboratorio '48 innanzitutto per esprimere la mia soddisfazione per l'inizio di un nuovo progetto politico come questo.Mi auguro che nella conduzione dell'iniziativa si adoperi il massimo pragmatismo possibile data l'importanza del progetto. Non capita spesso che centinaia di sigle, associazioni, liberi cittadini si raccolgano attorno ad una rivista per lanciare un nuovo progetto politico, ed un passo falso o una mossa sbagliata potrebbero vanificare il tutto.Ora è indispensabile capire queale strategia adottare.Nell'editoriale del direttore Flores D'arcais ho notato un acceso tono di sconforto nei confronti del "perduto" Partito democratico. La sfida si gioca anche in questo campo. Non bisogna dimenticare che il PD resta il maggior partito d'opposizione e che al suo interno, soprattutto negli strati bassi della nomenklatura, ci sono persone molto valide di cui stimo operato ed ideali (penso a qualche sindaco o consigliere comunale sopratutto dei paesi di provincia che non ha perduto lo spirito del far politica per passione e non per denaro).Con il PD a mio avviso bisogna continuare a mantenere un confronto aperto, stimolarlo a prendere decisioni decise ed ad adottare un atteggiamento meno moderato soprattutto nei riguardi del governo. Deve insomma restare un interlocutore privilegiato.Per questo motivo vedo ottima l'idea di un apparentamento con il partito di Antonio Di Pietro, anche se forse ci si potrebbe limitare a potenziare quest'ultimo.Si tratta di un partito di formazione piuttosto recente, con una struttura ancora debole e presente in maniera ridotta su tutto il territorio nazionale (mi riferisco a numeri dei militanti e non sedi di partito) per questo motivo credo che un ingresso in massa della società civile attorno a questo partito porterebbe a risultati maggiori ed in minor tempo che non riorganizzarsi in proprio.La questione è che un partito come l'IDV, dopo aver registrato l'ingresso degli strati più disparati della popolazione e di un considerevole numero di intellettuali e personaggi del mondo della cultura di conseguenza prenderebbe a modificare anche la propria identità arricchendola con i contenuti più diversi.Tra i contenuti che a mio avviso son immediatamente da tenere in considerazione sono la riduzione degli stipendi parlamentari per portarli ai livelli di funzionari pubblici come gli altri. In più dato la responsabilità che hanno si dovrebbe certificare se son persone adeguate a svolgere compiti come quello del parlamenteare (penso a controlli antidroga una volta al mese, penso a test di cultura generale o specifica - il fatto che un parlamentare della repubblica non sappia chi è Olmert fa rabbrividire- ).Questi restano esempi. Il fine ultimo ed obbiettivo di queste proposte è prendere da subito provvedimenti per estirpare l'abitudine di entrare a far politica per denaro.Quello che in Italia serve sono le regole. 40 anni di Democrazia Cristiana hanno cancellato ogni distinzione tra ruolo pubblico ed interesse privato, la degenerazione di questo meccanismo ha portato all' attuale Partitocrazia. E' qui che bisogna agire. Fermare immediatamente tutte le lottizzazioni degli enti pubblici per assumere tecnici competenti ed estranei alla politica.Sarebbe a mio avviso utile come esperienza qualche anno di transizione con ministeri guidati da personale tecnico. Aprire una stagione di governi tecnici sarebbe facilitata dal fatto che le nostre università ci mettono a disposizioni tutti i quadri che servirebbero per questo tipo di manovra, e se il mondo dell'università non basta allora rivolgiamoci all'estero, a qualche economista di fama internazionale per esempio.Concludo ritenendo che una partecipazione alle elezioni europee 2009 potrebbe essere troppo precoce e rischiare di bruciare le tappe. Capisco che c'è fretta di cambiare, ma la fretta resta relativa dal momento che ci sono ancora 5 anni di governo Berlusconi.Ritengo più utile, piuttosto, iniziare a parlare con l'Europa per risolvere problemi interni come per esempio la questione Rete 4. Continuiamo comunque ad essere fiducionsi, in Italia sta cominciando a muoversi un opinione pubblica combattiva e finalmente propositiva.Marco ConcolatoLaboratorio '48

09 ottobre 2008

SCONVOLGENTE!!!

Da LaRepubblica.it

di LIANA MILELLA


ROMA - Un'altra? Sì, un'altra. E per chi stavolta? Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltà del governo Berlusconi, ne produce un'altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell'opposizione s'intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come già si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d'una "bomba atomica" destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri. Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L'emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento. Se invece è guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrà mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d'insolvenza era equiparato all'amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com'è uscita dal Senato, non sarà più così. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l'impresa non sarà definitivamente fallita. Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l'ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedì prossimo dalla Camera senza che l'opposizione batta un colpo.
Ma ecco che una giornalista se ne accorge. È Milena Gabanelli, l'autrice di Report, la trasmissione d'inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se è riuscito a garantirsi "una manleva", un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: "No, io non ho nessuna manleva". Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio è senza scampo. Eccolo: "Se la norma verrà approvata non saranno più perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di società per cui c'è stata la dichiarazione d'insolvenza non seguita dal fallimento". Cascini cita i casi: "Per i crac Cirio e Parmalat c'è stata la dichiarazione d'insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato è l'abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi". Non basta. "Subito dovrà essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche". Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: "Ma la norma vale anche per lui?". Lapidaria la risposta: "Ovviamente sì". Le toghe s'allarmano, i timori serpeggiano nelle mailing-list. Come in quella dei civilisti, Civil-net, dove Pasquale Liccardo scrive: "Ho letto la nuova Marzano. Aspetto notizie sulla nuova condizione di punibilità che inciderà non solo sui processi futuri ma anche su quelli in corso". Nessun dubbio sulla portata generale della norma. Per certo non riguarderà la sola Alitalia, ma tutte le imprese. Vediamolo questo 7bis, così titolato: "Applicabilità delle disposizioni penali della legge fallimentare". Stabilisce: "Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura". La scrittura è cattiva, ma l'obiettivo chiaro: finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passa, l'azione penale resterà sospesa fino a un futuro, e del tutto incerto, fallimento definitivo. Commentano le toghe: "Una moratoria sine die, un nuovo colpo di spugna, una mano di biacca sulle responsabilità dei grandi manager le cui imprese sono state salvate solo grazie alla mano pubblica". Con un assurdo plateale, come per Parmalat. S'interromperà solo perché il commissario Bondi evita il fallimento. Ma che la salva Geronzi sia costituzionale è tutto da vedere. Gli esperti già vedono violati il principio d'uguaglianza e quello di ragionevolezza. Il primo perché la norma determina un'evidente disparità di trattamento tra i poveri Cristi che non accedono alla Marzano, falliscono, e finiscono sotto processo, e i grandi amministratori. Il secondo perché l'esercizio dell'azione penale dipende solo dalla capacità del commissario di gestire l'azienda in crisi. Se la salva, salva pure l'ex amministratore; se fallisce, parte il processo. Vedremo se Berlusconi andrà avanti sfidando ancora la Consulta. (9 ottobre 2008)

08 ottobre 2008

VAJONT: VIAGGIO NELLA STORIA DI UNA CATASTROFE

Riporto di seguito il testo della mail giuntaci dalla segreteria dell'assessore Claudio Piron.


Sono un centinaio gli studenti degli Istituti Superiori della città che parteciperanno al Viaggio della storia in programma il 13 ottobre alla diga del Vajont. Il programma del Viaggio prevede l’incontro a Casso con una guida naturalistica e la visita a piedi alle architetture tipiche del paese e alla diga del Vajont attraverso il sentiero Mollesa. In seguito: visita al coronamento della diga, ai luoghi della catastrofe, al Centro Visite di Erto e alla mostra "La catastrofe del Vajont – uno spazio alla memoria" con visione del filmato "Vajont, 9 ottobre 1963". Intervento di Claudio Piron - Assessore alle Politiche Scolastiche e Giovanili - Comune di Padova1963, mercoledì 9 ottobre, ore 22.39. Molti abitanti delle valli sono nei bar per vedere la partita di coppa. Doppio colore bianco e nero nei primi televisori che pochissimi privati possiedono. Una frana lunga 2 km. si stacca dal Monte Toc. Oltre 270 milioni di mc. di rocce e terra precipitano ad una velocità di 95 km. all’ora nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, la più alta del mondo con i suoi 267 m. La frana produce un’onda di 50 milioni di mc. di acqua e solo la metà scavalcano la diga. In 4 minuti 5 paesi sono spazzati via dalla faccia della terra: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè. 2.018 le vittime, secondo i dati ufficiali, ma non è possibile determinarne con certezza il numero. Numeri impressionanti che nascondono i nomi e i volti di persone in carne ed ossa. Bambini, mamme, papà, nonni, zii e amici tutti soffocati dalla furia distruttrice del fango.Una tragedia. Un disastro. Una catastrofe. Una strage. Un’Apocalisse. Un Olocausto. Sono i termini che ritroviamo in cronache, libri, film che raccontano e ricostruiscono uno dei peggiori disastri ambientali mai accaduti al mondo provocati dall’uomo. Un’affermazione questa molto pesante che ritroviamo nel documento con il quale l’ONU ha presentato il "2008 Anno Internazionale del Pianeta Terra". Ed è sicuramente così perché quella tragedia ha sconvolto la storia di famiglie e di interi paesi, comunità da sempre attaccate alla loro terra tradite dalla costruzione della diga e dalle opere relative di disboscamento, terrazzamento, condotte e tubazioni…Una storia che ha visto la contrapposizione delle popolazioni ai progetti di grandi lavori, che ha comportato sofferenze e tribolazioni a causa di espropri e acquisizioni di terreni che erano da generazioni fonte di vita per le genti di montagna. Un evento catastrofico che continua a interrogare la coscienza di quanti visitano i comuni di Longarone, Erto e Casso. Una lezione quanto mai attuale che riporta alla nostra attenzione alcune domande: perché si è costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico? Perché si è innalzata la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza? Perchè non si è dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni delle zone a rischio inondazione? Il 13 ottobre, a 45 anni di distanza, saremo sulla diga del Vajont e al nuovo museo per ricordare questo disastro che forse poteva essere evitato. Che certamente ha delle responsabilità nell’agire dell’uomo. Così come il processo ha dichiarato con "il riconoscimento di responsabilità penale per la prevedibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi". (1) Saremo ancora una volta "sul posto" per incontrare i testimoni ed ascoltare dalla loro voce cosa è successo in quella notte e come la vita ha potuto continuare. Per sentire dagli esperti cosa è successo e perché. Sarà anche un’occasione per focalizzare la nostra attenzione sulla nostra Terra come l’ONU ci invita a fare in questo anno. "La Terra rappresenta infatti il supporto per la vita ed ogni genere di attività umana. L’uomo con la propria tecnologia ha però determinato condizioni di erosione, trasporto e sedimentazione di materiali che hanno in molti luoghi rimodellato le forme superficiali del Pianeta, ha modificato le concentrazioni chimiche dell’atmosfera e dell’idrosfera, ha alterato gli ecosistemi, esercitando sulla natura un peso paragonabile a quello degli altri maggiori agenti esogeni naturali. Nella sostanza si può quindi dire che l’uomo sia diventato un vero e proprio "Agente geologico" che modella la superficie terrestre, così come il gelo ed il disgelo, l’erosione marina, i corsi d’acqua ecc."Torna così quanto mai necessario porci alcune domande sul nostro modo di vivere, sul modello di sviluppo e sulla sua sostenibilità; sul ruolo dello stato e delle istituzioni e su quello dei privati. E ancora sull’uso di quei beni vitali (l’acqua, l’aria, la terra, le foreste), che sono limitati e che hanno una destinazione universale. Sulle responsabilità di paesi e governi e su quelle di ciascuna persona che può scegliere uno stile di vita improntato alla sobrietà e alla solidarietà. Andare nella valle di Erto e Casso dove scorre il torrente Vajont per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo in provincia di Belluno esprime la nostra volontà di capire questa storia di donne e uomini, di vecchi e bambini a cui ridare un volto e la dignità del ricordo. Una storia di acqua e di terra. Una terra, quella del Vajont in cui si è verificato un evento catastrofico che ha segnato per sempre la vita della gente e delle comunità. E di cui rimangono cicatrici profonde che ancora sanguinano e continuano a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere.


(1) La causa penale che è durata oltre 8 anni, ha visto all’inizio 11 imputati rinviati a giudizio e la richiesta di condanna per 158 anni complessivi. In sede di Cassazione viene ampliata la responsabilità e ridotta la pena a due soli imputati per un totale di 2 anni e 8 mesi. La Causa civile intentata contro l’ENEL dal Comune di Erto e Casso e poi da quello di Vajont ha visto nel 2000, a 37 anni dalla catastrofe, la sentenza definitiva che obbliga l'ENEL a pagare danni per 6.109.685 Euro.

01 ottobre 2008

L'ANGOLO DI MAC

È ora di darsi una mossa ragazzi. La società italiana ha perso i suoi valori costitutivi da un pezzo ma la cosa che preoccupa di più è che ne sono comparsi di nuovi e progrediscono sempre di più.
Il razzismo è un fenomeno che c’è sempre stato sia charo, ma non c’è mai stata una classe dirigente che istigava la “tolleranza zero”, la giustizia “fai da te”, l’odio raziale.
Accadeva secoli fa e gli esiti sono ben noti (la Germania nazista è solo l’ultimo esempio, la storia ci da esempi concreti in tutte le epoche).
Quest’ accusa di razzismo che voglio lanciare alla classe dirigente non sono campate per aria. La lega Nord, forza politica non indifferente che in parlamento ostenta comportamenti “istituzionalizzati” è un partito razzista. Lo sarà finchè al suo interno ci saranno militanti e quadri dirigenti dichiaratamente razzisti!
Due dei nomi più noti sono l’eurodeputato Mario Borghezio, che oltre ad essere l’unico esponente di un partito “democratico” presente alla manifestazione neonazista “no islam” di Colonia, si lascia andare a comportamenti pericolosi ( “Salito sull’Intercity Torino-Milano, con i suoi valorosi e coraggiosi sodali in camicia verde ed individuato uno scompartimento occupato da nigeriane, si esibisce in una spettacolare operazione di “pulizia etnica” spruzzando detergente e deodorante sulle malcapitate e sui sedili dove sedevano” Oppure “Nel 2002 viene condannato a 8 mesi (poi 2 mesi e 20 giorni commutati in multa di 3.000 euro in Cassazione) per l’incendio che il 1° luglio del 2000 appiccò sotto il ponte Principessa Clotilde a Torino dove all´epoca si rifugiavano parecchi extracomunitari stipati in fatiscenti baracche”) ed a frasi anacronistiche e fuori da ogni logica per un paese democratico come “Sono venuto molto volentieri, ma per quanto mi riguarda questa è l’ultima manifestazione senza bastoni. Cominciamo a dare segnali, e un bel segnale è una scarica di legnate; controlliamoli noi con delle ronde questi posti, e siccome sono luoghi impervi appoggiamoci a sostanziosi bastoni” oppure «Noi cavalieri combattenti della cristianità giuriamo di difendere sempre e comunque la Commenda dalla profanazione e dall’invasione islamica».
L’altro nome notori cui voglio parlare è l’ex sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, che alla festa del popolo padano osa addirittura: “"Popolo della Legaaaa! La Lega si è svegliataaaaaa!
Le mura di Roma stanno crollando sotto i colpi di maglio della Lega.
La mia parola è rivoluzione…Voglio la rivoluzione contro i clandestini. Voglio la rivoluzione contro i campi dei nomadi e degli zingari.
Io ne ho distrutti due a Treviso. E adesso non ce n’è più neanche Uno!
Voglio eliminare i bambini che vanno a rubare agli anzianiiiiii! Se Maroni ha detto tolleranza zero, io voglio la tolleranza doppio zero.
Voglio la rivoluzione contro le televisione i giornali che infangano la Lega. Prenderò dei turaccioli per ficcarli in bocca e su per il culo a quei giornalisti. Non li voglio più vedere...
Voglio la rivoluzione contro quelli che vogliono aprire le moschee e i centri islamici. Qui comprese le gerarchie eclesiastiche, che dicono: lasciamoli pregare. No! Vanno a pregare nei desertiiiii! Aprirò una fabbrica di tappeti per darglieli ma che vadano a pregare nel deserto.
Bastaaaaaa! Ho scritto anche al Papa: Islamici, che tornino nei loro paesi.
Voglio la rivoluzione contro la magistratura. Ad applicare le leggi devono essere i giudici veneti.
Voglio la rivoluzione contro chi vuole dare la pensione agli anziani familiari delle badanti extracomunitarie. Sono denari nostriiiiii! E io me li tengo. Questo è il vangelo di Gentilini: tutto a noi e se avanza qualcosa agli altri... Ma non avanzerà niente!
Voglio la rivoluzione contro i phone center i cui avventori si mettono a mangiare in piena notte e poi pisciano sui muri: che vadano a pisciare nelle loro moscheeeee!
Voglio la rivoluzione contro i veli e il burqa delle donne. Io voglio vedere le donne in viso, anche perché dietro il velo ci potrebbe essere un terrorista e avere un mitra in mezzo alle gambe. Che mostrino l’ombelico caso mai....
Ho scritto al presidente della Repubblica che bisogna dare un riconoscimento all’usciere di Ca’ Rezzonico che ha vietato l’ingresso alla donna islamica…
Io voglio la rivoluzione contro chi vorrebbe dare il voto agli extracomunitari. Non voglio vedere neri, marroni o grigi che insegnano ai nostri bambini. Cosa insegneranno, la civiltà del deserto?
Il voto spetta solo a noi. Ho bisogno del popolo leghista. Queste sono le parole del vangelo secondo Gentilini. Ho bisogno di voi. Statemi vicini. Non voglio vedere questa gente che gira di giorno e di notte. Un abbraccio a tutti, viva la Lega!".

Mi preme far capire che quello che può accadere nei prossimi anni sarà ben più grave dell’uccisione di un ragazzo di 19 anni nel centro di Milano.
Bisogna fermare questa gente al più presto! Provvedimenti come le impronte ai minori Rom e il prelievo del DNA per ottenere un ricongiungimento familiare (pratica che fino ad oggi era limitata ai sospettati di omicidio) sono dannosi in un contesto, già gravemente minato, come quello italiano.