27 settembre 2008

LA CRISI DELLA FINANZA GLOBALE

Pubblicato da Giovanni Vannini su Dominio Pubblico.it
27 Settembre 2008



Italia, corre l’anno 2008. Siamo a settembre, un mese che ci ricorda che dobbiamo avere paura, per via del ‘nine eleven’. O magari quest’anno cambiamo argomento, e decidiamo che è per via della catastrofe finanziaria mondiale.
Catastrofe. Su questo termine, in tempo di abusi mediatici in cui per esempio nulla è tale se non è “vero e proprio” (una “vera e propria” strage, una “vera e propria” aggressione ecc.: fateci caso), si sono trovati d’accordo commentatori e analisti di tutto il mondo.
Catastrofe è un concetto semplice. Faccio un esempio. Uno statunitense a basso reddito nel 2004 aveva comprato casa. 120.000 dollari. Alcuni giorni fa un giornalista RAI ha trovato quella casa vuota, abbandonata: rate del mutuo diventate insostenibili con la crescita dei tassi di interesse. Un intermediario sul luogo gli ha proposto di comprare quel che ne resta (è stato rubato tutto il possibile, anche il rame degli impianti di riscaldamento) per 6.000 dollari. Sono andati in agenzia e dopo una contrattazione hanno firmato per 900 dollari.
È un concetto semplice quello di catastrofe, no?
Catastrofe è anche il fallimento di Lehman Brothers (attenzione, se vuoi pronunciarlo devi dire “lìman”, fai bella figura). Perché? Intanto perché il giorno prima del fallimento aveva lo stesso rating della Repubblica Italiana.
Attenzione, questo non significa che la Repubblica Italiana stia per fallire, anzi.Il rating è un sistema di valutazione, un punteggio (anzi, un “vero e proprio” punteggio!) che qualcuno che si mette più in alto degli altri assegna alla solvibilità, cioè diciamo allo stato di salute finanziaria di una istituzione (bancaria, pubblica…) o un’impresa. Il rating serve per orientare il mercato e informare sul grado di rischio associabile all’acquisto o sottoscrizione di determinati titoli o prodotti di queste istituzioni o imprese.
Solo per la cronaca, il fallimento Lehman è un crollo di una banca d’affari con 158 anni di storia, crollo che pesa per 640 miliardi di dollari. Prova a concepire la cifra. Pensa all’operazione più onerosa che hai fatto nella vita: comprare casa? O all’affare che hai seguito o in cui sei stato coinvolto più oneroso della tua vita… ok, ora pensa a 640 mi-li-ar-di di dollari.
Dicevamo della Repubblica Italiana: lei sta come prima, è il sistema del rating che mostra tutti i suoi limiti.
Il sistema del rating è basato sui giudizi di tre grandi agenzie: Moody’s, Standard&Poors, Fitch. Chi sono? Società il cui mestiere è dare giudizi; per darli si fanno pagare; a pagare sono alcuni di quelli che vengono giudicati. E se in Italia il concetto di ‘conflitto di interessi’ ormai è morto e sepolto, negli USA prende anche lì una certa stoccata.
Prima di andare a vedere chi, visto che le agenzie di rating non lo facevano, doveva controllare e non lo ha fatto, provocando la catastrofe, faccio un passo indietro.
Un bel giorno, il sistema finanziario americano, sostenuto dalla politica economica del governo Bush, nel 2002 comincia a spingere le cartolarizzazioni. Cosa significa? Io faccio un mutuo con la mia banca, quindi la mia banca ha un credito con me. Qualcuno dice alla mia banca: heilà, cedimi il tuo credito, te lo compro e me ne assumo il rischio, è facile e ti conviene. La mia banca glielo vende (svelato il significato di cartolarizzazioni: non ti esaltare, stiamo ancora a livello zero nella magica finanza globale). In sostanza, mutui e prestiti vengono ceduti dalle banche commerciali, come la tua, a Wall Street, dove ci sono meno, molti meno controlli. Tra poco andiamo a citofonare al responsabile – politico ovviamente – della faccenda. Per ora sappi che questo fenomeno è quello dell’esplosione (intesa come crescita esponenziale) delle cosiddette asset-backed securities (Abs, come quella cosa dei freni nelle auto).
Dicevamo di Bush. Dopo le mazzate dello scoppio della bolla internet e del ‘nine eleven’ decide di rilanciare l’economia americana sostenendo i consumi. E come si fa il rilancio dei consumi in un epoca di bassi salari? Con il credito! Oh yeah!Vediamola dal suo punto di vista. Le cartolarizzazioni permettevano di aumentare la disponibilità e le condizioni di accesso al credito senza mettere a rischio le banche, che non avevano più motivi per essere selettive con i debitori perché, dicevano, qualcuno impacchettava i crediti e se li comprava, portandoseli a Wall Street. Quindi i rischi dei crediti passavano agli investitori, compresi quelli stranieri (poco noi italiani, fortuna. Forse.). Quadratura del cerchio: gli Stati Uniti riuscivano a finanziare i consumi con i capitali delle banche e degli investitori stranieri.
A un certo punto è ovvio che queste leve devono fermarsi di fronte alla mancanza di valori sottostanti, cioè di asset che stavano back, ma questo non accade perché tanto, alla fine di tutto, chi ha in mano il credito a Wall Street sai che fa? Lo assicura! Cioè sotto comincia a esserci un grosso zero, ma lì sono tutti contenti e fanno affari d’oro.E chi controlla? Ancora un po’ di pazienza, finiamo il giro sulle montagne russe.
Risultati. Crisi di liquidità delle banche. (Cerchiamo di capirci su cosa significa: quanto hai in banca? Diciamo 27.000 euro sul conto corrente? Domani non ci sono più, grazie e arrivederci).Ci sono vari segnali di cedimento, ma il bello viene quando la crisi torna alla sua origine.Due colossi bancari americani sono salvati dall’intervento del Governo americano, una sorta di nazionalizzazione benedetta anche dai commentatori più liberisti a livello internazionale: a spese del contribuente ovviamente, e dei piccoli risparmiatori.Arriviamo alla catastrofe: nel 2006 le regine assolute di Wall Street, cioè Merril Lynch, Bear Sterns, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanley dichiararono profitti per 130 miliardi di euro. Anno 2006. Anno 2008: le regine sono protagoniste assolute della catastrofe.Lehman fallisce da un giorno all’altro, le altre sono salvate per il rotto della cuffia e i costi vengono spalmati sia sui risparmiatori (a cascata, magari dopo vari passaggi) sia sui contribuenti (e nell’economia globalizzata permettimi di essere franco: tu e io stiamo pagando tutto questo).
Ok, è ora di sapere su chi puntare il dito. Responsabilità di chiunque non abbia fermato questo, ma in particolare segnati due nomi: Gorge W. Bush e Phil Gramm.
Bush se Dio vuole finalmente ha quasi finito di fare danni. I giudizi storici sul suo mandato sono già chiarissimi e non c’è bisogno di aggiungere altro. Si registri solo che tutte le premesse della catastrofe decollano nel 2002, quando Bush decide la sua politica economica senza controlli, in nome di un liberismo che oggi mangia se stesso e provoca il più grande dei paradossi: le nazionalizzazioni. Un altro risultato terribile di questi otto anni di Governo.
Veniamo a Phil Gramm.Negli Stati Uniti c’è un signore che si chiama FED, Federal Reserve , che sa fare il suo mestiere di controllore. Ma a Phil Gramm la FED non piace: meglio la deregulation.Da presidente della Commissione banche, edilizia e affari urbani del Senato USA, Phil Gramm combatte la sua battaglia il cui più grande successo è la firma nel 1999 da parte dell’allora presidente Bill Clinton della più radicale riforma del sistema bancario dagli anni della grande depressione (fantasma che disturba i sonni di molti, vissuto tra il 1929 e il 1932 negli Stati Uniti).Così, “pur confermando il ruolo che aveva la Federal Reserve di supervisore supremo sul sistema finanziario, la legge ne limitava significativamente il potere di controllo su soggetti come le banche di investimento e gli istituti di credito ipotecario i cui organi di controllo primari erano la Security Exchange Commission (la Consob americana) e i singoli Stati” (virgoletto quanto scritto da Claudio Gatti su Il Sole24ORE di martedì 23 settembre, inchiesta estremamente interessante).È l’origine della deriva; e indovina chi promuove e fa approvare nel 2000 un Act che deregolamenta il trading di derivati (i nostri crediti cartolarizzati si chiamano “derivati”)? Phil Gramm!2002: Bush annuncia il piano di cui ho già detto.2004: parte la carramba della finanza USA. È l’anno tra l’altro in cui la branca del Dipartimento del Tesoro che controlla le banche decide che le banche multistatali sarebbero state esentate dalle normative statali contro il “credito predatorio”: un invito all’abuso, il far west.2006-2007: arriva il conto, con boom di insolvenze e pignoramenti sui deboli, i redditi bassi iper-indebitati, costretti a lasciare le case, pignorati.
Diceva una pubblicità che la potenza è nulla senza controllo. Chissà se l’hanno fatta negli Stati Uniti.In pratica il controllo non lo fa nessuno perché gli Stati non avevano una visione globale, la SEC si dice non fosse all’altezza e la FED era stata tagliata fuori politicamente.
Finale. Speriamo che in questi giorni gli Stati Uniti siano in grado di riparare, pur con enormi sacrifici e a spese del risparmiatore globale e del contribuente locale, alla catastrofe, perché se così non fosse c’è il rischio che i contorni del senso di questa semplice parola – catastrofe - siano ancora da ampliare.Ma soprattutto speriamo e concentriamoci su un’altra questione.
Phil Gramm non è in galera o a pagare i danni. Phil Gramm è il consigliere economico di John McCain ed è ritenuto papabile per il ruolo di Segretario del Tesoro in un’eventuale amministrazione repubblicana. Renditi conto! Dio ce ne scampi.

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

Vorrei citare una frase di Henry Ford per non dilungarmi troppo “ E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina.“